
Guida al viaggio in fuoristrada nel centro dell’Australia, da Darwin a Alice Springs, Uluru e le Olgas.
Un lungo tragitto attraverso l’Outback, il selvaggio cuore rosso dell’Australia, nella terra dei canguri e delle termiti. Attraversando una zona desertica, ma con molte più attrazioni di quello che si possa pensare.
Per la verità il percorso è fattibile anche con un’auto normale, anche se alcune varianti in questo caso sono sconsigliate. L’itinerario prevede la partenza da Darwin e un tragitto di 1500 km fino a Alice Springs e poi ancora 600 km per arrivare a Uluru e le Olgas, passando per il Kings Canyon.
Cominciamo.
A Darwin si arriva facilmente in aereo. La città è collegata con i principali aeroporti australiani e non. Può essere il punto di approdo in Australia da Singapore. Comincio subito con una raccomandazione importante: non fare come il sottoscritto, che per risparmiare un giorno è partito in auto appena sbarcato, dopo un volo notturno. In aereo non si dorme mai veramente, a meno che non si viaggi almeno in business.
Mettersi al volante stanchi e assonnati sulle monotone strade che si trovano andando verso sud è un tentato suicidio. Mi sono svegliato due volte alla guida, mentre viaggiavo sulla corsia sbagliata. Sono stato salvato dal traffico pressoché assente. Mia moglie si è addormentata e stava finendo fuori strada. Si è svegliata per il rumore dei catarifrangenti in plastica presenti a bordo strada e che stava abbattendo a raffica. Non fatelo.
Prendetevi un giorno a Darwin in ogni caso. La vostra vita vale più di un giorno di vacanza. Fra l’altro, la guida è a sinistra e serve sempre un po’ di attenzione supplementare per non distrarsi. La strada è dritta per lunghissimi tratti e quindi favorisce il rilassamento. Il traffico semplicemente non c’è e il risultato è sempre lo stesso.
Se poi si aggiungesse anche un orario mattutino o serale ci sarebbe anche il rischio concreto di impatti con gli animali, che in questi orari sono in movimento e te li trovi davanti continuamente. Un impatto con un Canguro Rosso può avere conseguenze molto gravi. L’auto che avevo quando feci quel percorso aveva delle barre protettive nella parte anteriore, come si vede spesso da quelle parti. C’erano ancora ben evidenti delle tracce di sangue, segno di un violento impatto.
Fatte queste importanti precisazioni, cominciamo con il percorso.
Territory Wildlife Park.
La prima tappa consigliata è la visita del Territory Wildlife Park, un parco dove molte specie animali, anche rare, sono state inserite in un habitat molto vicino a quello naturale, con grande attenzione. Devo dire che questa è una caratteristica di tutti i parchi australiani che ho visitato. Aiutati dall’avere a disposizione grandi superfici e sicuramente dalla volontà di mettere il più possibile a proprio agio gli animali, le autorità australiane hanno fatto decisamente un ottimo lavoro.
Il parco si percorre a piedi seguendo i percorsi previsti e passando da un ambiente all’altro. L’acquario, studiato per riprodurre un ambiente fluviale, compreso un coccodrillo, è una delle cose più belle. Un edificio è stato studiato per riprodurre un ambiente notturno, con gli animali che sono attivi nell’oscurità. Veramente molto ben fatto e assolutamente realistico.
Stesso discorso per la Rain Forest, con le passerelle studiate per apprezzare anche la vista degli alberi. Veramente suggestiva. Poi c’è il rettilario e qui vale la pena di spendere due parole sui pericoli dell’Australia. Terra con una fauna tanto bella, quanto pericolosa.
La natura sembra infatti essersi sbizzarrita a concentrare da queste parti gli animali più pericolosi del pianeta. Ovunque puoi trovarti davanti uno dei tanti serpenti, fra i più letali che ci siano. In mare ci sono le micidiali Cubo Meduse e le coste sono infestate da varie specie di squali. Le spiagge spesso hanno delle reti che impediscono a questi predatori di raggiungere le aree con presenza di bagnanti. Se non lo avete mai visto, qui potrete incontrare un’altro animale tipico dell’Australia: il Dingo. Frutto degli incroci fra i tanti cani portati dall’uomo bianco, oggi si è evoluto in una specie tipica, molto diffusa e talvolta anche pericolosa.
Fuori dal parco ho incontrato un sardo che è emigrato da quelle parti negli anni 60 per lavorare nelle miniere (l’Australia è molto ricca di materie prime). Parlando del territorio intorno, mi diceva che ha 20 ettari di terreno, ma non può farci nulla, perché nell’outback è tutto pieno di termiti e le coltivazioni all’aperto sono impossibili. In effetti il terreno è tutto rosso e incolto, con i termitai che occupano la vista in ogni direzione.
Katherine.
Terminata la visita di questo parco si può riprendere il tragitto verso sud. La strada in quel tratto è dritta per notevoli distanze. Non si trovano abitazioni e le stazioni di servizio sono molto distanti l’una dall’altra. Fate sempre attenzione al livello del carburante e tenete sempre in auto una scorta d’acqua. Le forze dell’ordine raccomandano spesso in vario modo di non allontanarsi in caso di guasto all’auto. Prima o poi passerà qualcuno, mentre vagare a piedi con il forte caldo estivo può costare molto caro. Diverse volte capita di incrociare autotreni con due, tre e anche quattro rimorchi. Treni di nome e di fatto.
Il tratto di strada per Alice Springs è molto lungo e va previsto almeno un pernottamento. I centri abitati non sono certo frequenti, ma ogni tanto si trova qualcosa. Un buon punto per chiudere la giornata è a Katherine, dove vi sono diverse soluzioni. Io mi sono fermato al Beagle Motor Inn, semplice, senza fronzoli, ma adatto allo scopo.
In città c’è un po’ di tutto, compreso il solito Mc Donald’s, in First Street. Accanto c’è il Cinema Caffè, che va bene anche per una prima colazione. Come dice il nome si trova in un vecchio cinema. Quando sono andato io il cappuccino era ottimo e ovviamente si può fare colazione alla maniera anglo sassone.
Nitmiluk National Park.
Ripresa la strada, merita una fermata il vicino Nitmiluk National Park, 30 km a est di Katherine. Il parco si trova in un luogo remoto e ci si arriva solo per vederlo. Da vedere sono le gole scavate dal fiume nelle rocce, creando pareti a picco. Le gole sono diverse, separate l’una dall’altra da una serie di rapide. La possibilità di vederle dipende dalla stagione. Se il fiume è gonfio per le piogge, può diventare pericoloso. In ogni caso servirebbe molto tempo.
Al centro visitatori si ricevono le informazioni sulle escursioni in barca e si può scegliere quella preferita in base al tempo che si ha. Bisogna anche avere fortuna, perché le gite partono a intervalli non troppo frequenti e può capitare di dover aspettare un bel po’. Personalmente consiglio un’escursione di circa due ore, che ritengo sufficiente per rendersi conto dei luoghi, anche perché le gole sono carine, ma non eccezionali. Ritengo non siano al livello, per esempio, del Canyon del Sumidero in Messico, per non parlare di quello del fiume Zambesi, fra Zambia e Zimbawe.
In ogni caso qui comincerete a fare i conti con un tormento che vi perseguiterà in diversi punti dell’outback, ovvero le mosche. Portate sempre con voi qualcosa di adatto per ridurre il fastidio. Un cappello a tese larghe con rete è una ottima soluzione. Non vergognatevi.
Mataranka.
Ritornati sulla strada principale e ripresa la via per Alice Springs, il successivo centro abitato dove si possono fare scorte è Mataranka. Il centro è piccolo ma ricordo un supermercato fornitissimo.
Se dovete pernottare, due chilometri dopo il centro, c’è un bivio con l’indicazione delle piscine termali. Girate a sinistra e dopo circa otto chilometri troverete il Mataranka Homestead Resort. Merita perché si può andare nella piscina in mezzo a un bosco di palme molto alte, che garantiscono un bel fresco. Tutto intorno si vedono spesso diversi Wallaby. La piscina è piccola, ma carina e con temperatura giusta.
A cena non serve prenotare perché da queste parti non c’è scelta, chi si ferma a dormire deve anche mangiare lì. Io ho fatto la prima vera esperienza con la cucina australiana. Mi hanno servito una Beef Parmigiana. Come potrei definirlo: un guazzabuglio di pasta fredda con pomodoro e formaggio, che del parmigiano non aveva proprio nulla. Il tutto accompagnato con patate fritte, qualche verdura cruda e patate lessate. Ah … dimenticavo … c’era anche una guarnizione di maionese. Per il resto, birra e musica country ad alto volume, emessa da un vecchio Jukebox.
Mi sono divertito a giocare con un cucciolo di wallaby trovatello, che metteva la testa fuori dal marsupio artificiale che gli avevano creato.
Puntando di nuovo il muso dell’auto verso sud, si deve attraversare un lungo tratto di strada senza centri abitati. Lungo la strada si continuano a vedere dei canguri investiti dalle auto. Per il resto è una zona sempre più brulla. Gli alberi sono sempre meno e ci si rende conto di entrare in una zona desertica. Se si vuole interrompere la monotonia del viaggio e fare una sosta, ogni tanto ci sono delle piazzole attrezzate, con bagni e tavoli all’ombra.
Daly Waters.
Come sempre nelle zone desertiche, le stazioni di servizio si diradano e i prezzi dei carburanti aumentano. Le temperature diurne cominciano a portarsi sui 40°. Non dimenticatevi di fermarvi a Daly Waters, 160 km a sud di Mataranka. Il centro è nato per la presenza di un piccolo aeroporto dove si fermavano per il pieno di carburante i piccoli aerei.
La vera attrazione è però il Daly Waters Pub. Per attirare clienti in un luogo tanto isolato, il gestore ha lanciato l’idea di lasciare che gli ospiti lascino un loro ricordo attaccato alle pareti o dove trovano posto. Con il tempo gli oggetti hanno occupato ogni superficie libera: travi, colonne, appesi al soffitto e così via. C’è di tutto e si può passare il tempo a curiosare.
Quando sono passato io ho visto veramente di tutto, comprese mutande e radiografie. C’erano i tesserini del codice fiscale di due ragazzi di Pontremoli. Presumo che gli oggetti vengano sostituiti periodicamente per rinnovare l’attrazione e quindi non ci sarà più il mio biglietto da visita, l’unica cosa che avevo a portata di mano. Le bizzarrie continuano anche fuori. Vedrete un semaforo e dei parchimetri, che ovviamente non servono a nulla.
Tennant Creek.
La logica sosta successiva è a Tennant Creek. Questo è la prima vera cittadina dopo Darwin. C’è di tutto, compresa la farmacia e quindi è ottimo per rinnovare le scorte. Se cercate oggetti tipici aborigeni, qui c’è il Nyinkka Nyunyu, il centro culturale aborigeno, con negozio annesso. Naturalmente gli oggetti venduti sono prodotti appositamente per i turisti, ma pare che la fabbricazione abbia proprio quell’origine.
Per il pernottamento consiglio il Bluestone Motor Inn, sulla strada principale a sud del centro. Ottima sistemazione a prezzi ragionevoli, dotato di piscina. Una buona occasione per concedersi un ottimo riposo prima della lunga tirata in auto fino a Alice Springs (600 km). Climatizzazione senza pecche.
Al mattino conviene partire presto perché il tragitto è lungo e con il fresco si viaggia comunque meglio. Il paesaggio diviene sempre più desertico, ma sempre con un po’ di vegetazione.
Wycliffe Well.
Dopo circa 130 km si arriva a Wycliffe Well. Un’altro di quei posti originali dove merita fermarsi. Qui l’attrazione sono gli alieni. Prendendo spunto dalle testimonianze di avvistamenti di UFO, hanno pensato di sfruttare l’idea per attirare chi transita da queste parti. All’interno del Wycliffe Well Roadhouse & Holiday Parh tutto è in tema. Dentro l’edificio le pareti sono tappezzate da articoli di giornale con notizie di avvistamenti. Un po’ di oggettistica in tema completa il quadro. In ogni caso è un buon posto per mangiare e bere qualcosa e fare una pausa.
Alice Springs
Per arrivare a Alice Springs occorre guidare ancora per circa 400 km. Prima di arrivarci, a circa 30 km, non dimenticatevi di fermarvi alla piazzola con monumento, che vi informa che state attraversando il Tropico del Capricorno. La città è il maggior agglomerato urbano del centro Australia. Vi si arriva anche in aereo e vi sono diverse cose interessanti da fare e da vedere, per cui consiglio una sosta di almeno due notti.
Volo in mongolfiera.
Una delle cose più attraenti che si possono fare qui è un volo in mongolfiera. Il territorio si presta a questa esperienza, perché piatto e senza ostacoli pericolosi. In una mattinata limpida la vista può spaziare fino all’orizzonte, regalandovi una esperienza indimenticabile. Se pensate che non si vada molto in alto, sbagliate; si arriva a 800 m e vi sembrerà di essere su un piccolo aereo da turismo, ma senza il rumore del motore. Il tutto è possibile in totale assenza di vento.
Ovviamente non dovete soffrire di vertigini. Lo spazio non è molto e ci si sente appesi a un filo. Fra l’altro si interagisce con gli altri partecipanti, sia perché il gruppo è sempre poco numeroso, sia perché si collabora attivamente a diverse operazioni, tipo il ripiegamento del pallone. Dopo averlo provato, mi è rimasta voglia di rifarlo.
Ci provai nel deserto del Namib, qualche anno dopo, ma il vento mi negò l’esperienza. Prenotate per tempo presso uno dei diversi operatori locali, come Ballooning Downunder. Sappiate che la sveglia sarà probabilmente prima di quanto possiate immaginare. Il nostro appuntamento fu alle 4 del mattino, ma assistere al sorgere del sole in pallone compensò abbondantemente il sacrificio.
Dopo il volo, farete la colazione tutti insieme e probabilmente vi faranno brindare con quello che chiamano Champagne, ma che è solo un vinello dolciastro abbastanza gradevole. Il tragitto dall’alloggio è compreso nel prezzo.
Giro in quad bike.
Un’altra esperienza che si può fare a Alice Springs è un giro in quad bike. Personalmente non l’ho trovata interessante. Intanto il territorio circostante, piuttosto monotono, toglie il fascino dell’escursione. Ci si trova a girare su una specie di circuito, che stufa subito. Inoltre trovo questo tipo di veicolo poco divertente rispetto alla moto e anche all’auto. Se vi interessa vi sono diverse agenzie che organizzano escursioni di questo tipo. Io lo feci con la stessa Ballooning Downunder, ma dal loro sito mi sembra di capire che non lo fanno più.
Alice Springs Desert Park.
Terza cosa da fare in zona è la visita all’Alice Springs Desert Park. Il tema del parco è la ricostruzione dei diversi ecosistemi del centro australiano, compresi quelli notturni. Anche qui in effetti si ripete l’ottima capacità dei curatori di ricreare molto bene gli ambienti naturali che avevo già segnalato. Gli ambienti notturni sono veramente suggestivi.
Assolutamente affascinante è anche l’ambiente ricreato per i volatili. Enorme, con alberi veri di alto fusto e ancora una volta con passerelle dai percorsi ottimizzati per poter vedere bene la flora e la fauna presenti. Non perdetevelo.
Altre attività possibili che però non ho avuto il tempo di provare sono un giro in cammello e un’escursione per incontrare gli aborigeni. Riguardo a quest’ultima non posso che esprimere parere positivo, visto che il miglior modo di viaggiare è quello che porta a una conoscenza delle culture locali. Ricordiamoci che gli aborigeni sono i veri padroni di casa da quelle parti. Riguardo ai cammelli, forse molti pensano che siano tipici dei paesi arabi. Invece lo sono molto anche dell’Australia, dove si sono rapidamente diffusi e si vedono spesso allo stato libero. Purtroppo si trovano anche morti, investiti dalle auto.
Souvenir.
Ad Alice Springs, vi sono anche molti negozi e si possono comprare un po’ tutti i tipi di souvenir che vi possano interessare. Io volevo assolutamente un Didgeridoo. Non avendolo trovato nei negozi aborigeni visitati, lo trovai proprio qui. Il problema è che è ingombrante e tutt’altro che leggero. Il mio viaggio era anche abbastanza lungo e portarselo dietro, con alcuni voli da fare, non era il massimo della comodità.
Il negoziante mi propose la spedizione in Italia con il servizio postale. Pare che lo facesse continuamente. Dopo un po’ di esitazioni, decisi di farlo e scelsi quello che mi piaceva di più. La spedizione via aerea è rapida, ma molto costosa. Quella tradizionale al contrario costa poco, ma richiede mesi. Scelsi quest’ultima. Dopo il rientro attesi con fiducia i primi tre mesi, dopo persi le speranze.
Molto tempo dopo, quando ormai ero sicuro che fosse andato perduto, trovai in cassetta una cartolina del postino che mi avvertiva di un pacco da ritirare. Uso molto le spedizioni postali e con corriere e non ci feci caso, ma poi mi venne il dubbio: e se fosse il Didgeridoo? Era proprio lui, perfetto e ben imballato, con i timbri di parecchi porti e uffici postali, australiani e italiani.
Erano passati otto mesi dall’acquisto. Se lo farete anche voi, ricordatevi che gli oggetti spediti non beneficiano della franchigia doganale, che vale solo per gli oggetti al seguito. Dovrete pertanto pagare le tasse doganali. All’uscita dall’Australia però potrete richiedere il rimborso dell’IVA, presentando i documenti di acquisto.
Pasti.
Merita di essere consigliato l’Overlanders Steackhouse, non per la qualità del cibo, o del servizio, o dell’ambiente, ma perché è specializzata nelle carni di quello che volete. Potrete provare il canguro, l’emù, il cammello o il coccodrillo. Se siete vegetariani ovviamente non fa per voi. Io ho provato il canguro e credo proprio che non lo mangerò più, ma magari a voi piacerà. Se non hanno cambiato abitudini, appena arrivati vi chiederanno da quale paese venite e vi metteranno sul tavolo una bandierina del vostro paese. Se non lo avete capito il locale è decisamente turistico. Lo trovate in Hartley St.
Kings Canyon.
Lasciata Alice Springs, vi potete dirigere verso la meta ideale di questo viaggio: il famoso monolite di Uluru e le non meno belle rocce di Kata Tjuta. Il percorso è di circa 400 km e richiede diverse ore. Volendo si può andare in aereo, infatti non lontano da Uluru c’è un minuscolo aeroporto, con collegamenti con le principali destinazioni australiane. I voli di solito prevedono comunque un cambio a Alice Springs.
Durante il percorso in auto, volendo si può inserire la visita del Kings Canyon. Il percorso ideale sarebbe quello che prevede di andare fino a Hermannsburg, a ovest di Alice Springs e poi continuare su una strada che purtroppo non è pavimentata. Io non la feci perché fui sconsigliato da quelli del luogo, perché sconnessa e comunque inadatta per auto non fuoristrada. Questi consigli a volte sono corretti e altre volte un po’ troppo prudenti.
Di sicuro passando di lì si risparmia qualche chilometro e si evita di fare due volte il tragitto dalla strada che porta da Ayers Rocks al canyon. Questo non è nulla di eccezionale, sotto il livello di altri simili, ma tuttavia la deviazione non è così lunga e vale la pena di andarci, se si ha abbastanza tempo. Se siete un po’ tirati invece saltatelo pure e dedicate tutto quello che avete ai molto più interessanti monoliti.
Arrivati al parco c’è un parcheggio e si prosegue a piedi. Ci sono dei percorsi che consentono una ottima visione del sito, salendo anche in alto. Per la visita dalla gola invece non si perde molto tempo. Potete fermarvi anche solo un’oretta. Per quanto mi ricordo, questo è uno dei pochi posti dove le mosche vi perseguiteranno senza ritegno.
Ayers Rock.
Ancora qualche ora di auto e arriverete a Yulara, il centro abitato nato per fornire i servizi turistici a chi viene a visitare i famosi monoliti. Qui è tutto di recente realizzazione. Ampi spazi, abbondanti parcheggi, strutture moderne. C’è l’ufficio postale, stazioni di servizio e diversi autonoleggi.
A circa 10 km da Yulara, si trova il bivio per le Olgas (o Kata Tjuta). Andando dritti per altri 5 km si arriva a Uluru. A bordo strada troverete un lungo parcheggio realizzato nella forma e nella posizione ottimali per la vista del monolite. Ovviamente i momenti migliori sono l’alba e il tramonto, quando alla colorazione tipica del monolite si sommano i colori dovuti al sole. La minore luminosità e i contrasti tipici di queste ore consentono di massimizzare lo spettacolo.

Nel quarto d’ora precedente a questi eventi si raccoglie una piccola folla che si prepara allo spettacolo, contendendosi i posti migliori. Troverete persone di molti paesi, spesso con sedie, sdrai, e ovviamente attrezzatura fotografica e per riprese video. Cavalletti per fotocamere dappertutto. Quando mi trovai lì, mentre aspettavo l’alba, ascoltai un vociferare familiare. Mi avvicinai e mi resi conto che c’era un nutrito gruppo di romani in attesa sulle loro sedie pieghevoli, che stavano parlando di abbacchio.
Ayers Rock è il nome inglese di Uluru, un imponente massiccio roccioso circondato dal nulla. Questo lo rende visibile anche a chilometri di distanza. Attira molto, sia per questo aspetto, sia perché ha una intensa colorazione rossa, che si esalta e varia a seconda dell’illuminazione solare.
Molti non sanno che la parte visibile è solo una piccola porzione di un grande blocco quasi del tutto sotterraneo. I sondaggi hanno mostrato che questo è talmente vasto da comprendere anche Kata Tjuta e altre formazioni fuori terra della zona. Infatti la parte emersa è alta circa 350 m, mentre si ritiene che la parte sotterranea arrivi a diversi chilometri.
Uluru e gli aborigeni.
Per gli aborigeni il monolite ricopre un ruolo mitico che si rifà all'”era del sogno“. Un periodo precedente alla memoria umana, nel quale esseri precedenti all’umanità sarebbero stati da quelle parti. Uluru sarebbe un segno delle loro attività.
Sul monolite si poteva anche salire, salvo che fosse chiuso per eccesso di temperatura. Tuttavia il luogo è considerato sacro dagli aborigeni e molti ritenevano irriverente salirvi sopra. Personalmente ho preferito evitare. Mi risulta che dal 2019 non sia più consentito e francamente non mi dispiace.
Merita però un giro in auto lungo la strada che lo fiancheggia lungo tutto il perimetro. Procedendo lentamente e fermandosi ogni tanto, si può ottimamente ammirare questo spettacolo naturale. C’è anche un sentiero che consente di camminare molto vicini alle rocce. Richiede però diverse ore e con il caldo estivo lo ritengo una sofferenza ingiustificata. Su questa attrazione naturale troverete scritti e commenti in ogni guida turistica o racconto di viaggio. Inutile dilungarsi ulteriormente.
Presso il monolite si svolse anche la vicenda di Azaria Chamberlain. A soli due mesi di vita scomparve nel 1980, mentre i genitori campeggiavano presso Uluru. Il fatto fece parlare molto di se, perché la madre fu inizialmente condannata per l’omicidio, nonostante avesse sempre affermato che la bambina fosse stata preda di un dingo.
Solo dopo il ritrovamento di resti degli abiti della bambina presso la tana di uno di questi animali, si arrivò al proscioglimento della donna. Sulla vicenda fu anche girato il film “Un Grido nella Notte”.
Kata Tjuta.
Tornando indietro fino al bivio sopra citato e andando verso ovest, dopo circa 40 km si arriva alle Olgas o Kata Tjuta. Anche questi sono monoliti, più piccoli singolarmente, ma più grandi complessivamente, raccolti in maniera da creare un bellissimo effetto scenico. Come spesso mi accade, preferisco queste al più famoso Uluru, con la differenza che in questo caso, da quanto leggo, non sono il solo a pensarla così.

Trovo le Olgas estremamente affascinanti. Ti viene da fermarti a lungo ad ammirarle. Le fotografi a ripetizione per non dimenticarti nulla. Anche qui vi sono sentieri per chi ama un contatto ravvicinato con le rocce.
La strada che prosegue verso ovest non porta più da nessuna parte, a meno che non si voglia proseguire fino alla costa ovest, ovviamente con l’auto e l’attrezzatura adeguati all’enorme area desertica che si va ad affrontare.
Pernottamento.
Per una visita decente al sito occorre pernottare almeno una notte. D’altronde, vista la distanza da Alice Springs, non vedo alternative. Qui si trovano diverse soluzioni abitative, dall’albergo classico all’appartamento. Personalmente consiglio The Lost Camel Hotel, nella parte centro occidentale di Yulara. Lo stile è decisamente moderno, la pulizia impeccabile, c’è una bella piscina in posizione protetta e un ottimo staff. Se il prezzo vi sembra caro, sappiate che qui tutto è così. I rifornimenti sono onerosi per le distanze dai centri abitati e dalla viabilità principale e comunque non c’è alternativa.
Pasti.
Ci sono diversi locali e anche una pizzeria. Io ero stufo di cibo australiano e optai per questa. Mi ricordo bene la collinetta di prosciutto a cubetti che mi trovai al centro della pizza. In più c’era della pancetta ed era strapiena di formaggio. Se sono sopravvissuto quella sera, le mie capacità digestive sono migliori di quello che pensavo.
Mia moglie, viste le abitudini, si raccomandò che non le mettessero salse sopra la sua. Le arrivò una pizza con abbondante salsa Barbecue. Per cui fate attenzione. La spesa è sopra la media.
Conclusione.
A questo punto il viaggio alla scoperta del selvaggio Outback australiano può dirsi concluso ma, se volete, potrete abbinarlo a una degli altri percorsi possibili in questo vasto paese. Se vi interessa potete leggere:
Ultimi consigli per l’Outback.
Per i consigli generali sul paese, potete andare sulla pagine dell’Australia.
Ricordo di non avventurarsi negli spazi aperti, dove non si vede cosa c’è per terra. L’Australia è la terra dei serpenti velenosi. Non rischiate.
Ricordo anche di non dare alcolici agli aborigeni, anche se ve li chiedono.
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