
Guida al viaggio.
La parte più turistica degli USA. La più ricca delle principali attrazioni del paese. I luoghi da sogno della grande America, nell’immaginario collettivo. Grand Canyon, Death Valley, Yosemite, Las Vegas, la Monument Valley e poi Hollywood e San Francisco. Un indimenticabile percorso in auto, sognato da tanti, negli Stati Uniti Sud Occidentali, fra California, Nevada, Arizona e Utah.
Da amante dell’Africa e della natura selvaggia, degli animali in libertà e degli ambienti desertici, ho sempre pensato che i tecnologici Stati Uniti non mi sarebbero piaciuti. Sbagliavo. Non sono solo i grattacieli di Manhattan o l’immensa area urbana di Los Angeles, sono anche meravigliosi ambienti naturali che per fortuna gli uomini non hanno ancora rovinato. Certo lo sfruttamento turistico non manca, ma il fascino è ancora intatto.
La parte sud occidentale degli USA è forse quella con la maggiore concentrazione delle principali attrazioni turistiche; quelle che non puoi perderti e molte altre.
Meglio l’auto.
Come quasi sempre in Nord America, il modo migliore per muoversi è l’auto a noleggio. Sono relativamente a buon mercato, non si pagano importanti supplementi per i modelli più grandi, se si viaggia in famiglia e la benzina costa poco. Inoltre quasi ovunque si trovano motel, anch’essi a costi contenuti e senza particolari maggiorazioni se si è in più di due. La libertà è massima e poi in America tutto è impostato per chi si sposta in auto, compreso quel pessimo modo di mangiare che sono i fast food.
Percorso consigliato.
Un viaggio da queste parti trova la sua naturale attuazione in un percorso all’incirca ad anello. Meglio ancora ad “U”, partendo da Los Angeles e terminando a San Francisco, o viceversa. Io l’ho fatto nel primo modo e ho modificato la “U” facendolo diventare un 8 aperto su un lato. Più avanti vi dirò perché.
In effetti queste due grandi città non possono mancare nel programma, se uno non ci è mai stato. Molto diverse, ma entrambe molto famose. Due aeroporti con voli quotidiani per ogni destinazione e simboli americani arcinoti, dove non puoi non desiderare di farti immortalare.
La Historic Route 66.
Il percorso più logico, che come detto può essere percorso al contrario, prevede di partire da Los Angeles, spostarsi all’interno andando alla ricerca della mitica Route 66, oggi chiamata non a caso Historic Route 66, a ricordare che non viene più utilizzata come collegamento fra est e ovest, fra Chicago e Los Angeles, ma ne mantiene la memoria.

Va detto che di questa strada c’è più il mito che altro. I ricordi di una America a cavallo della seconda guerra mondiale, con le Harley-Davidson e le Cadillac. Oggi è solo una strada dove ogni tanti si trovano locali che cercano di attirare i turisti con metodi molto americani, talvolta discutibili.


Se vi trovate a transitare sulla 15, fra Los Angeles e Las Vegas, una decina di miglia dopo Barstow, fermatevi in due località caratteristiche.
Calico Ghost Town e Oatman.
Il nome della prima vi dice già di cosa si tratta, ma in verità non è proprio una città fantasma, bensì la ricostruzione di una cittadina tipica dell’epoca Western, effettivamente esistita, ma delle cui strutture originali ormai resta ben poco. Troverete un po’ di tutto, dall’ufficio del telegrafo al barbiere, dal saloon alla miniera con tanto di trenino. Il tutto è stato fatto per attirare i turisti, ma se passate di lì, vale sicuramente la pena di fermarsi.

Nella zona, ma più o est, vicino a Kingman, merita una fermata la visita della quantomeno curiosa cittadina di Oatman. Sempre allo scopo di attirare i turisti, qui hanno pensato di mettere alcuni asini in libera circolazione per le vie del piccolo centro. Chi si ferma è incuriosito, scatta foto, beve qualcosa nei locali, compra souvenir e ovviamente le carote di cui questi animali sono ghiotti. Così … voilà … il gioco è fatto: un po’ di soldi restano in paese. Proseguendo si arriva all’attrazione principale dell’Arizona. Nome noto, come di più non si può.
Grand Canyon.
Come spesso mi accade quando la notorietà di un sito è alle stelle, l’ho trovato una delle cose meno interessanti del mio primo viaggio nel sud ovest degli USA. Sarà che di canyon ne ho visti diversi, sarà che c’era troppa gente, sarà che faceva un caldo infernale (luglio), oppure che ho avuto la fortuna di ammirare il Colca Canyon in Perù, meno famoso, ma con una profondità quasi doppia e lo spettacolo dei Condor che vi volteggiavano.
Qui si vede, come meglio non si potrebbe, la netta stratificazione dei sedimenti che hanno formato il gigantesco strato roccioso, che poi è stato eroso dal fiume Colorado, creando il maestoso spettacolo che ci si trova davanti.
Il punto di osservazione più trafficato è quello sud, che è più accessibile e dove si trovano la maggior parte dei servizi turistici. Solo un 10% dei visitatori si reca sulla sponda nord, che risulta molto distante da raggiungere via terra e pertanto spesso ignorata.
Chi vuole ammirare il canyon con meno gente intorno, potrà fare questa scelta. Per ben apprezzare le geometrie create dalla natura sarebbe opportuno effettuare qualche trekking, o magari anche un giro in barca, per i quali è necessario rivolgersi a guide locali, anche perché le temperature in estate possono spingersi molto in alto e chi non conosce i luoghi può anche rischiare guai seri. Io non l’ho fatto e pertanto non posso aiutarvi.
Lo Sky Walk.
Molto decentrato, verso ovest, la comunità degli indiani Hualapai, per attirare un po’ di turisti verso di loro, ha realizzato lo Sky Walk, un percorso a “U” completamente sospeso sopra il canyon a notevole altezza e con il fondo trasparente. Anche questo l’ho evitato sia per la posizione decentrata, sia perché mi sembra la solita americanata.
Escursioni.
Al Grand Canyon di escursioni se ne possono fare molte. Vi indico le più interessanti.
- Escursione al Grand Canyon, con prelievo a Las Vega, visita dello Sky Walk e di un villaggio di nativi Hualapai,
- Biglietti per il Grand Canyon,
- Tour in elicottero sul Grand Canyon, da non perdere,
- Escursione privata al Grand Canyon, con guida in italiano,
- Escursione al Grand Canyon al tramonto, quando ci sono i colori migliori.
Pasti e alloggio.
Si può anche dormire e mangiare fuori dal parco, ma a mio avviso merita invece restare qua per il pernottamento. Intanto le alternative sarebbero a un centinaio di miglia di distanza, salvo qualche alberghetto lungo la strada. Inoltre si perderebbe il fascino di sentirsi immersi nell’ambiente del parco. Nel nostro caso poi spostarsi a Flagstaff sarebbe stato un tornare indietro e non ne valeva la pena.
Il Grand Canyon Village
Il Grand Canyon Village è come un piccolo centro dove c’è tutto l’essenziale: lodge, ristoranti, negozi, ufficio postale e così via. I prezzi non sono da considerarsi alti considerato che siamo nel cuore del parco. Io ho scelto il Yavapai Lodge. Niente di speciale, ma si trova in mezzo al bosco, è tranquillo ed è vicino a tutti i servizi del Village.
Per la cena ci sono diversi ristoranti con ottima fama. Io ho provato ad andare prima a El Tovar e poi all’Arizona Room, ma per il primo dovevamo prenotare, mentre al secondo c’era troppo da aspettare. Per fortuna sono vicini , perché per trovarli ho faticato un po’, complice anche il buio.
Così mi sono diretto sul terzo del quale avevamo informazioni, il Bright Angel. Purtroppo anche qui c’era la fila, ma ormai non avevo altre opzioni. Il metodo utilizzato per i clienti in attesa è quello di altri locali americani: ti viene consegnato un cercapersone e quando tocca a te ti arriva la chiamata. Così nel frattempo ci si può muovere e non serve stare in piedi all’ingresso. I prezzi erano altini, ma devo dire di aver mangiato molto bene.
Qualunque lode si scelga all’interno del parco, occorre prenotare diversi mesi prima per poter avere un minimo di scelta ed essere sicuri di trovare un posto.
Meteor Crater.
Adempiuto al timbro del cartellino presso il Grand Canyon, ci si può spostare ancora più a est, sempre seguendo il percorso della Route 66, ma utilizzando sempre più la più scorrevole Interstate 40. Dopo una cinquantina di chilometri a est di Flagstaff, non dimenticatevi la fermata per la visita del Meteor Crater. Probabilmente il cratere da impatto meglio conservato del pianeta, grazie al clima arido dell’Arizona. Mostra perfettamente cosa può provocare un sassolino di meno di 50 m di diametro, che qui ha impattato contro la superficie terrestre, circa 50.000 anni fa: un buchetto di 1200 m di larghezza per 170 m di profondità. Il biglietto è decisamente salato e in passato lo era ancora di più.

Pare che il sito sia di proprietà privata e quindi se ne approfittano. La visita in se non richiede molto tempo. Il sentiero per il bordo del cratere non fa spendere più di una manciata di minuti. Non serve nemmeno spostarsi perché da ogni punto della cresta perimetrale si ha una ottima visuale. Il tempo impiegato è pertanto soggettivo, per ammirare lo spettacolo e cercare le inquadrature migliori per le foto.
Nel centro visitatori, oltre ai soliti bar e negozio di souvenir, si possono ottenere informazioni sugli impatti meteoritici, compresa la proiezione di filmati. C’è un piccolo esemplare di meteorite e un modello della capsula usata per addestramento nelle missioni Apollo. Volendo mi risulta che si possa assistere anche alla proiezione di un film sul tema degli impatti devastanti. Io ho evitato e comunque queste cose cambiano rapidamente, per cui è bene informarsi.
Pietrified Forest.
Ripresa la Interstate 40, si arriva a Holbrook, che costituisce il riferimento per la visita della Pietrified Forest. Su un’area di alcuni chilometri quadrati sono sparsi numerosi tronchi pietrificati vecchi di 225 milioni di anni. Sono talmente perfetti che anche da vicino viene istintivo toccarli per convincersi che siano di pietra e non di legno.

Il paesaggio intorno è desolato, ma dai colori quantomeno inusuali. Il mio daltonismo non mi consente di essere più preciso. Il parco è a cavallo della Interstate 40. Si esce da un lato e, passato il cancello di ingresso, si percorre una strada di diversi chilometri che segue un percorso che dopo un po’ scavalca la stessa Interstate e consente la visione dell’altro lato.
Il tempo di visita è dipendente dalla velocità di percorrenza ma, fra andata e ritorno, richiede almeno un’ora. L’esperienza mi ha ricordato un sito molto simile nel Damaraland, nel nord della Namibia.
Four Corners .
A questo punto si è al confine con il New Mexico. Conviene deviare verso nord, dirigendosi verso la spettacolare Monument Valley. Per arrivarci si attraversa la riserva degli indiani Apache e si entra in quella dei Navajo. A proposito di Apache, ricordate che da queste parti il nome non si pronuncia come da noi, bensì qualcosa come: “epeci“.

Volendo fare una deviazione si può visitare il cosiddetto Four Corners, ovvero l’unico punto in tutti gli USA dove confinano quattro stati. Il punto ovviamente è solo una curiosità inventata dagli uomini e per creare qualcosa di visibile, anche al solito scopo di spillare soldi ai turisti, è stata realizzata una piazzetta con i nomi e le bandiere dei quattro stati.
Andandoci potrete dire di aver messo piede in tutti e quattro questi stati: Arizona, Utah, New Mexico e Colorado. Vuoi mettere la soddisfazione. Ovviamente se lo saltate non perdete nulla.
Monument Valley.
Da non perdere assolutamente è invece la Monument Valley, posta a cavallo fra Arizona e Utah. Pur essendo tutta semplicemente bellissima, presenta i suoi scenari più spettacolari proprio lungo la linea di confine fra i due stati. Le sagome iperfamose che si stagliano contro il cielo, sono quelle riprodotte un numero infinito di volte un po’ dappertutto.
Libri, tessuti, salvaschermi dei PC, quadri e così via. Per non parlare dei classici film western le cui scene principali erano girate proprio qui. Non a caso c’è il John Ford Point, un punto rialzato che consente una vista dalla bellezza unica, evidentemente preferito anche dal famoso regista.
Pasti e pernottamento.
Il parco è molto bello e non potete non fermarvi a dormire. La parte veramente spettacolare è relativamente piccola e vi basterà una notte. Consiglio vivamente di dormire presso The View Hotel, situato proprio sulla cresta di una collinetta che offre una vista spettacolare sulla parte più bella e famosa.

Cercate di evitare i fine settimana perché i prezzi si impennano. Prenotate con largo anticipo perché è molto richiesto e non ha alternative che offrano lo stesso spettacolo. Tutte le camere hanno il balcone affacciato sulla parte più bella della valle. Volendo c’è anche la possibilità di campeggiare.
La struttura si trova all’interno della Navajo Nation, è gestita da Navajo e gran parte del personale è Navajo. Questo aspetto è esibito con orgoglio e pubblizzato continuamente. Mentre cenavo, provando piatti tipici Navajo, parlavo con il cameriere per cercare di capire come erano stati fatti i piatti che stavo assaggiando. Mi scusai per la difficoltà nel comprendere alcuni ingredienti, dicendo che non parlavo bene l’inglese. Il cameriere mi rispose dicendo: “nemmeno io, parlo solo la lingua Navajo.”
Devo dire che i loro piatti tipici non incontrano i miei gusti, ma mi piace la gente orgogliosa delle proprie tradizioni. In proposito, se dormite lì, non potrete che cenare lì. Anche perché nei dintorni non c’è molto e poi il posto merita sicuramente.
Come arrivare.
L’hotel lo trovate deviando dalla 163, proprio sul confine di stato. Se venite da sud, dalla Hwy 160, girate verso nord sulla 163 in corrispondenza di Kayenta e proseguite per 40 km. Girate a destra e non potrete sbagliare.
Navajo Nation.
La Navajo Nation è una piccola nazione all’interno degli USA, posta a cavallo fra Arizona, Utah e New Mexico. Ha un suo presidente, un suo consiglio con uno speaker, una sorta di ministro della giutizia e anche una miss. Di sicuro non comandano la Cia, ma hanno un po’ di autonomia.
Per esempio entrando e uscendo dal loro territorio, può esserci una differenza riguardo l’appplicazione o meno dell’ora legale. Quando passai da quelle parti, feci non poca confusione per questo aspetto, che si sommava alle differenze fra uno stato all’altro.
Per chi non lo sapesse, la lingua Navajo fu utilizzata durante diverse battaglie della seconda guerra mondiale, fra le quali Iwo Jima, una delle più cruente della guerra del pacifico. 400 Navajo furono addestrati per trasmettere messaggi militari utilizzando parole della loro lingua. Consentivano tempi molto più rapidi della codifica e decodifica tradizionale e i giapponesi non riuscivano a comprendere quanto gli sarebbe servito.
Questo fatto ispirò il film Windtalkers, con Nicolas Cage, che racconta il lavoro dei “code talkers” navajo.
Bryce Canyon.
Poco più a ovest della Monument, c’è l’affascinante Bryce Canyon. Non al livello del primo, ma che stramerita la visita. Anche questo è uno dei luoghi non fra i più famosi, che invece sono da considerarsi imperdibili. Non ho nessun problema nell’affermare che mi è piaciuto più del Grand Canyon.
Le rocce estremamente friabili del Bryce hanno dato carta bianca agli agenti atmosferici, che si sono potuti sbizzarrire nel creare un paesaggio fiabesco. Non a caso gli innumerevoli pinnacoli che lo caratterizzano sono spesso chiamati “camini delle fate“. All’ingresso vi daranno una piantina dove sono indicati i numerosi punti di osservazione.

Dubito che possiate fermarvi a tutti, ma vi assicuro che le viste sono idilliache. Vi sono anche formazioni particolari, come archi e piccoli canyon. Se volete ci sono anche dei percorsi per immergersi dentro alla miriade di pinnacoli che vedrete ovunque. Visto che non avevo molto tempo mi sono limitato a percorrerne uno per un tratto. Mi sono trovato in un piccolo e strettissimo canyon, con pareti rosse, dove qualche albero presente si era sviluppato completamente in altezza per poter raggiungere un po’ di luce.
Purtroppo il giorno della mia visita del parco era scoppiato un violento incendio e buona parte del percorso era chiuso per motivi di sicurezza. Ricordo ancora la gigantesca nuvola di fumo che riempiva il cielo da quella parte. Per fortuna alcuni punti interessanti erano visitabili. In viaggio bisogna saper accettare gli imprevisti che sono la regola e non l’eccezione.
Il Bryce si visita percorrendo la strada che parte dalla Utah HWY 12 e si dirige verso sud per circa 29 km. Il percorso è stato realizzato in prossimità del crinale, in maniera da avere diversi ottimi punti di osservazione. Purtroppo l’incendio mi consentì di percorrerne solo un quarto.
Pasti e pernottamento.
Tutto ciò che può servire per mangiare e dormire è nella Bryce Canyon City, posta vicino all’inizio del parco. Qui si possono trovare alberghi, ristoranti, noleggio auto, stazioni di servizio, navette per chi non ha auto propria e un emporio. Non ci sono molti esercizi, ma c’è quello che serve per la visita di un giorno.
Consiglio il Best Western Ruby’s Inn che è molto carino ed è dotato di un buon ristorante. La hall è in stile country, con abbondante uso di legno e pietra, compreso il grande camino presente. A parte i colori dominanti, piuttosto scuri, che danno una sensazione di poca luce, il risultato è decisamente gradevole.
Nella zona ci sono anche altri parchi interessanti. Tutto dipende dalle preferenze e dalla disponibilità di tempo. Vicino al Bryce c’è la Zion. Mentre un po’ più distante, sempre nello Utah, c’è l’Arches.
Las Vegas.
Esauriti i parchi del sud dello Utah, è il turno delle luci e della vita notturna di Las Vegas. Si raggiunge la Interstate 15, che proviene da Salt Lake City e ancora più a nord, dal confine con il Canada. Ricordo un’altra occasione nella quale l’ho percorsa sempre verso sud, provenendo da Yellostone e attraversando il Montana, l’Idaho, lo Utah e un angolino di Arizona, prima di entrare in Nevada. La strada è scorrevole, anche attraversando l’enorme area urbana di Salt Lake City, ma abbastanza noiosa, forse perché abbiamo percorso 784 km in un giorno.
Che dire di Las Vegas? Tutti sanno di che si tratta e che tipo di atmosfera si respiri. Io ci sono stato due volte e debbo dire che l’unico vero fascino è dovuto ad uno dei motivi per cui è famosa: i mega alberghi che si susseguono sulla “Strip”, immersi nelle mille luci tipiche della vita notturna della città. Infatti, per quanto i grandi alberghi vogliano essere e siano degli spettacoli essi stessi, questi perdono gran parte del loro fascino dall’alba al tramonto. Di giorno si ha la sensazione di essere in una generica grande città americana, anche se forse si percepisce una maggiore tendenza a estremizzare tutto.

A meno che non siate giocatori, consiglio di fermarsi una notte e ripartire al mattino successivo. Inutile perdere tempo di giorno. Per la verità c’è qualche attrazione in perfetto stile Yankee.
Stratosphere Tower
Per esempio la Stratosphere Tower offre alcune attrazioni molto adrenaliniche. Si può essere appesi solo ad una cinghia a 450 m di altezza, oppure ruotare su una specie di giostra sospesa sul vuoto e infine provare la simulazione di essere fatti scivolare fuori e lanciati nel vuoto. Ovviamente ci sono anche terrazze panoramiche e ristorante annesso. Purtroppo per un motivo o per l’altro, in entrambe le visite, ho saltato queste esperienze.
Se volete potete anche andare nel Pawn Shop di “Affari di Famiglia”. Io ci ho provato ma c’era la fila per entrare che si snodava sul marciapiede per decine di metri. Queste cose non fanno per me.
Fashion Show Mall
A Las Vegas c’è anche il Fashion Show Mall, un mega outlet di abbigliamento e accessori. Noi ci siamo passati al ritorno dal nostro giro in Arizona e Utah, senza dormire nuovamente in città. Era domenica mattina, con la city che dormiva ancora. Purtroppo non c’era molto spazio nei nostri bagagli e lo shopping è stato molto limitato.
A questo punto posso spiegare quanto detto all’inizio circa il motivo del percorso del viaggio che prevedeva appunto un incrocio fra andata e ritorno. Questo non era dovuto al susseguirsi dei luoghi da visitare, ma ad altro motivo. Come detto ci sono luoghi come Las Vegas e anche il particolare hotel scelto nella Monument Valley che hanno dei prezzi molto più alti nei fine settimana, fino anche al doppio. Per fine settimana si intende anche il venerdì sera e pertanto ci sono tre notti su sette a settimana che vedono l’impennata dei prezzi.
Dal momento che il percorso previsto era quello e i giorni totali erano obbligati, così come quelli di inizio e fine, non era possibile evitare che una dei due pernottamenti in questi due luoghi cadesse nel fine settimana. Prevedendo il suddetto incrocio il risultato fu ottenuto. Per questo motivo i luoghi dell’Arizona e Utah sopra elencati li visitai in ordine inverso rispetto a quello descritto, con pernottamento a Las Vegas subito dopo Los Angeles e un secondo passaggio in questa città al ritorno, di domenica, ma senza necessità di dormirci.
Tour e attrazioni di Las Vegas.
In questa città si possono fare un sacco di cose e non mancano quelle stravaganti. Ve ne indico alcune fra le tante.
Autobus turistico di Las Vegas, con salita e discesa libera nelle 24 ore,
Escursione al South Rim in aeroplano,
Giro in elicottero di Las Vegas,
Tour privato in italiano di Las Vegas,
Escursione a Universal Studios Hollywood,
Esperienza di volo acrobatico, durante il quale potrete anche prendere i comandi dell’aereo,
Tour serale di Las Vegas in autobus decappottabile,
Go City Las Vegas Explorer Pass, per risparmiare su moltissime attrazioni.
Per quelli che vogliono strafare (e se lo possono permettere) c’è anche il Volo a gravità sero. All’aeroporto Mc Carran sarete imbarcati su un Boeing 727 G-Force One che si porterà nell’area adatta per eseguire 15 manovre che vi faranno provare la gravità marziana, lunare è infine “zero”. Per chi ha lo spirito e lo stomaco adatti.
Pernottamento e pasti.
Riguardo l’alloggio, Las Vegas non è un posto normale. Va fatta una considerazione. Qui non si viene per una generica attrazione turistica e si pensa all’alloggio solo per necessità di pernottamento. Qui, sono proprio i grandi alberghi l’attrazione. Provate a immaginare la città senza la “strip” e i mega albergoni che vi si affacciano. Sarebbe come immaginare le Victoria Falls senza l’acqua. Vero è che queste follie architettoniche si possono ammirare anche come semplici ospiti in transito, ma alloggiarvi è ben altra cosa.
Di solito però queste strutture hanno costi proibitivi per persone normali. Di solito, ma non qui. Qui l’obbiettivo è attirare i giocatori, perché è da li che vengono i veri guadagni. Girando per la città alla sera, con le luci che esasperano fino all’inverosimile gli stimoli in chi ammira, pensate a quali siano i costi di tutto ciò. Chi paga questi costi, per non parlare dei guadagni degli investitori? Il denaro perso nei casinò. Eserciti di giocatori tengono in piedi Las Vegas e tutti i suoi servizi. Loro, non i turisti.
Mandalay Bay
In definitiva, basta evitare i fine settimana e troverete dei prezzi assolutamente accessibili. Pensate che, se potete scegliere i giorni migliori, con un centinaio di dollari (può capitare anche meno) potete per esempio pernottare al Mandalay Bay, dove sono stato in un paio di occasioni. Tanto per un confronto, a Reykiavik nello stesso periodo (luglio) mi sono visto chiedere 150 euro per una camera con bagno condiviso.

Nei fine settimana il prezzo è almeno il doppio, ma in rapporto a cosa offre l’albergo è comunque “stra iper mega” conveniente. Se ci andate dal lunedì al giovedì potrete anche permettervi camere con vista sulla “strip”, che allo scopo sono dal ventesimo piano in su. Averle costa solo qualche decina di euro in più. Sono anche più grandi e spesso hanno annesso uno piccolo salottino. Il bagno è un sogno: idromassaggio, doppio lavandino, TV, servizi igienici separati, finiture di lusso. Rinunciarci semplicemente non ha alcun senso.
Il parco acquatico del Mandalay.
Sempre rimanendo sul Mandalay, che conosco bene, compreso nel prezzo avrete diritto di accesso al parco acquatico privato. Sottolineo parco acquatico e non piscina, spa e robe simili. Un vero e proprio parco acquatico con spiaggia vera, dove arrivano onde artificiali, con la solita dotazione di sdrai e ombrelloni, diverse piscine adatte alle diverse età, canale a circuito chiuso con corrente, proprio come quelli dei parchi acquatici.
Il tutto senza alcun supplemento. Si prende un asciugamano arrivando e lo si restituisce all’uscita. Si sale in ascensore ancora in costume, nel massimo confort e libertà. Le pareti delle camere sono tutte in vetro a specchio. Panorama spettacolare e privacy garantita. La sera avrete il privilegio di una meravigliosa vista sulla strip.
Lo Shark Reef Aquarium .
A proposito, con questa parola si intende il Las Vegas Boulevard, il viale principale della città, che vi accoglie provenendo da sud. Adiacente al Mandalay c’è anche lo Shark Reef Aquarium, un acquario su più piani che pare sia assolutamente spettacolare. Anche in questo caso, credeteci o non, in due volte non ho trovato occasione per andarci. Questa struttura è separata e non è compresa nel prezzo dell’alloggio.
Il Mandalay Bay è l’ottavo hotel più grande del mondo. Se volete saperne di più di questo gigante, potete visitare la pagina di Wikipedia.
Se decidete di alloggiare al Mandalay, organizzatevi in maniera di arrivare alla prima ora utile per il check in, anche se troverete la fila. Sarebbe stupido perdersi quello che l’albergo ha da offrire, per mancanza di tempo.
Naturalmente ci altri hotel da considerarsi meravigliosi spettacoli artificiali. In alcuni chilometri della strip c’è praticamente tutta la parte interessante di Las Vegas. Al Mandalay la prima volta ci andai per scelta durante un viaggio nel sud ovest degli USA, con mia moglie, mentre la seconda fu perché avevamo con noi i figli ancora piccoli e ritenni che il parco acquatico fosse la cosa migliore per loro. Fra l’altro la prima volta arrivammo tardi nel pomeriggio e ce lo godemmo poco perché poco dopo il nostro arrivo il sole era già al tramonto. Mia moglie dice che se gli capitasse occasione, ci andrebbe anche una terza volta. Chissà?
La Strip
La sera è d’obbligo passeggiare lungo la strip arrivando fin dove le forze ti abbandonano. Si trovano in successione tutti gli hotel con i nomi famosi come: Luxor, MGM, Excalibur, New York New York, Monte Carlo e su via fino ai meravigliosi Bellagio e Venetian. Vi renderete conto come i nomi italiani siano largamente utilizzati per tutto ciò che si vuole far apparire più chic.
Per fortuna non sono un giocatore perché le occasioni non mancano. Ho giocato solo una volta, giusto per poter dire di averlo fatto. Successe al casinò di Innsbruck, dove mi giocai tutto il budget prestabilito di trenta euro a metà con un mio amico. Per un po’ abbiamo retto vincendo e perdendo qualche euro, ma poi l’amico mi disse: “ma va là, punta tutto”. I nostri euro andarono dove vanno tutti quelli dei giocatori: in un imbuto mangiasoldi posto davanti al croupier.
Se andate a Las Vegas durante la stagione più calda, considerate che anche la sera sulla strip si muore di caldo. Oltretutto il traffico aumenterà il disagio, infatti si sentono le vampate di aria bollente sparate dai climatizzatori delle auto. Una volta mia moglie ha avuto un mezzo malore proprio per il troppo caldo. Siamo dovuti tornare al Mandalay in taxi.
Pasti.
Anche per mangiare tutto ruota intorno a queste strutture. Ai piani terra e nei livelli sotterranei, mescolati agli immensi saloni pieni di slot machine e alla vita dei giocatori, ci sono ristoranti per tutti i gusti e per tutti i portafogli, dal self service ai locali etnici. Sono luoghi frequentati e si può trovare di tutto. Il Mandalay per esempio ha 24 ristoranti.
Una volta mia moglie, molto più attenta di me per queste cose, mi ha bussato sulle spalle mentre mi informavo alla reception di un ristorante messicano (cucina che adoro). Aveva incontrato e fatto conoscenza con l’inviato di Striscia con nome d’arte 100% Brumotti. Era là per delle esibizioni a Las Vegas e al Grand Canyon che potete vedere sul solito You Tube.
Come arrivare.
Oltre che in auto, qui è facile arrivare anche in aereo. Il Mc Carran International Airport è praticamente dentro la città. Letteralmente dall’altra parte della strip rispetto al Mandalay. Volendo ci si potrebbe andare a piedi. Eppure dall’interno dell’albergo non si sente alcun rumore delle attività delle sue quattro piste.
Se si arriva in auto da Kingman si può passare sopra la Hoover Dam. La prima volta che ci sono passato era l’unica via possibile, perché il grande ponte di circa 600 m di luce era in costruzione. Oggi è aperto al traffico e si evitano tutte le tortuosità del vecchio percorso in una manciata di secondi.
Death Valley.
Da Las Vegas, dirigendosi verso nord ovest, si attraversa l’area desertica del Nevada, dove si trova anche la famosa Area 51 e tutti i sui segreti militari.
La prima attrazione turistica che si trova da queste parti è l’imperdibile Death Valley. Prima di andare avanti però voglio inserire un avvertimento che può risultare utile. Da queste parti fate attenzione al livello del carburante, perché possono servire molte miglia per arrivare al distributore successivo.
Entrando nel parco, subito dopo una piazzola con dei gabinetti pubblici, non saltate la deviazione per arrivare al Dante’s Point. Occorre percorrere una ventina di chilometri ma ne vale la pena. Si tratta di un punto di osservazione a 1600 m di quota, posto proprio sopra Bad Waters, ovvero il livello minimo della valle, a -85,5 m sotto il livello del mare.
Zabriskie Point
Ritornati sulla strada principale, dopo una dozzina di chilometri, si trova lo Zabriskie Point, un punto con vista su un’area con superficie ondulata da sembrare onde.
Furnace Creek
Arrivati a Furnace Creek, unico centro abitato della valle, ci si rende conto del caldo infernale che può esserci da queste parti. Sembra impossibile, ma in luglio non si riesce a stare fuori dalle auto più di una manciata di minuti. Dopo il respiro comincia a mancare. Siamo riusciti a fare due passi solo in un punto dove potevamo camminare in una gola in ombra e comunque era dura lo stesso.
Per arrivare a Bad Waters, da Furnace Creek, si deve andare verso sud per una trentina di chilometri. Circa a metà strada c’è una deviazione con un percorso in mezzo ai rilievi, detto Artist Drive, che poi ritorna sulla strada principale. Non c’è nulla di particolare, ma consente di rendersi conto della morfologia del territorio e delle colorazioni delle rocce. Può essere percorso una volta, all’andata o ritorno, come alternativa al percorso diretto.
Dall’altra parte della strada principale c’è il cosiddetto Devils Golf Course. Il nome dice tutto. Solo il diavolo può giocare a golf qui.

Bad Waters.
Arrivati a Bad Waters, dopo le foto di rito, mentre il caldo comincia a fiaccarti per bene, alzando gli occhi si vede un cartello affisso sulla parete rocciosa che indica il livello mare. Sono solo 85 m ma ci rende conto di quanto saremmo sott’acqua se ci fosse veramente il mare.

A proposito, perché ci troviamo al di sotto di questo livello?
Questo è dovuto ai soliti movimenti delle placche della crosta terrestre che hanno provocato un innalzamento della costa dell’attuale California, trasformando una striscia di mare in un lago. Senza scambio con l’oceano, il caldo ha fatto evaporare l’acqua lasciando la depressione pavimentata di sale, che oggi è appunto il cosiddetto Campo da Golf del Diavolo. Fateci caso: gran parte dei nomi sono riferiti all’inferno. La cosa non è casuale.
Temperature infernali.
Quel giorno appuntai sul diario di viaggio la temperatura: 126 °F, pari a 52°C!!!!
La mia guida di viaggio riportava la massima storica misurata in questo luogo: 56°C, nel 1913.
Quando si esce dall’auto, si avverte la sensazione di un vento bollente (non è un’esagerazione), del tutto simile a quella che si prova quando si apre lo sportello di un forno caldo. Manca il respiro e soprattutto si ha un preoccupante bruciore agli occhi. Ci si può fermare solo il tempo per le foto di rito, le cui espressioni ritratte confermano il disagio. Una manciata di minuti sono sufficienti a far scaldare l’auto, dove l’effetto serra dei finestrini chiusi ha già fatto impennare la temperatura. Un vero forno dentro il forno.
Lungo il percorso c’è anche un arco naturale creato dagli agenti atmosferici. Per andarci va fatto un breve tratto a piedi, prevalentemente in ombra. Nonostante questo, il vento bollente che risale dalla valle ti taglia le gambe. Sconsigliato ai deboli di cuore. Oltretutto l’arco non è granché.
Pernottamento e pasti.
A Furnace Creek per pasti e alloggio non c’è molto da scegliere. I prezzi sono comunque alti e la cosa appare ragionevole, perché siamo in un ambiente comunque estremo. Il Furnace Creek Ranch (rinominato The Ranch at Death Valley) è la sistemazione classica. Si tratta di un complesso presente fin dagli anni 30 e recentemente ristrutturato. Oltre alla struttura ricettiva, c’è il ristorante, un bar gelateria, l’ufficio postale e un negozio che vende un po’ di tutto, dai souvenir agli alimentari .
Tutto è votato ai servizi per i turisti, perché diversamente non avrebbe senso abitare in un clima così estremo. Sono presenti anche alcuni impianti sportivi, fra cui il campo da golf, ma mi chiedo come si faccia a praticare sport in questo ambiente. In verità ci sono un po’ dovunque impianti per raffreddare anche gli spazi esterni, come microspuzzatori di acqua fresca. Io però ci sono stato e rimango dell’opinione che il luogo sia invivibile.
Per la cena, l’unica vera alternativa è fra i panini e il ristorante piuttosto caro. Va detto che vi si mangia bene, ma ovviamente c’è spesso la fila. Il sistema per l’attesa, se non è cambiato nel frattempo, è un classico da queste parti: cercapersone che suona quando tocca a te. Fuori per mitigare il caldo infernale ci sono i suddetti microspruzzatori di acqua in pressione che, evaporando subito, raffreddano un po’ chi si trova sotto di loro.
Approfitto per ricordare una abitudine molto diffusa nei ristoranti degli USA e cioè che l’acqua, anche con ghiaccio, è fornita gratuitamente a chi sta mangiando. Il cameriere passa ogni tanto a vedere se ne serve ancora. Lo stesso cameriere ogni tanto tentava qualche frase in italiano, con scarsi risultati.
Le poche decine di metri per tornare in camera sono sufficienti per cominciare a sudare e provare il solito forte disagio per il caldo. Fra la’ltro, nella mia esperienza, l’aria è bollente anche nelle prime ore del mattino. Insomma un inferno 24 ore su 24.
In alternativa c’è The Inn at Death Valley. Storico e lussuoso resort situato poco lontano dal precedente, pare ospitasse abitualmente divi del cinema come Marlon Brando e Clark Gable. La struttura è per chi può permettersi almeno 500 euro a notte. I confort ci sono tutti e le finiture sono all’altezza del prezzo. Personalmente ritengo che valga la pena di spendere queste cifre per qualche motivo particolare e importante ma, come ho scritto altre volte, le tasche e le preferenze non sono tutte uguali.
Per chi le preferisce, sono state realizzate delle “Casitas” che consenetono di avere ancora più spazi privati. Le numerose palme fra le quali tutta la struttura è inserita dovrebbero mitigare il caldo estremo. Io rimango della mia opinione, ma molti si trovano bene. Fate voi.
Prima di lasciare la valle, volendo ci si può fermare a quello che è indicato come museo della valle, che però non è altro che un pannello con la raffigurazione degli animali che riescono a vivere da queste parti. C’è anche il famoso Road Runner.
Sequoia National Park.
La naturale tappa successiva è il Sequoia National Park. In linea d’aria sarebbe anche abbastanza vicino, se in mezzo non ci fossero le montagne. Che si prosegua verso ovest e poi si scenda a sud, o il contrario, cambia poco. Noi scegliemmo di seguire la 190 fino a Olancha, per poi dirigerci verso sud sulla 395 e proseguire sulla 14 fino a Mojave. Qui si prende la 58 fino a Bakersfiel, poi la 65 e infine la 198.
Ci sono anche stradine alternative che abbiamo preferito evitare. Ricordarsi sempre che da queste parti va sempre tenuta in auto una scorta di acqua e un po’ di cibo, nonché il serbatoio del carburante mai sotto la metà.
Il percorso richiede molte ore e, se non avete previsto più di un pernottamento presso il Sequoia, è meglio sfruttare la rimante parte della giornata per cominciare a visitare il parco, senza fermarsi a Three Rivers, dove probabilmente alloggerete. Purtroppo il percorso comincia con una lunga strada in salita che rende scomodo dividere in due giorni la visita, perché la lunga serie di tornanti va ripetuta. L’alternativa è dormire due notti nei dintorni e arrivarci di primo mattino. Dipende dal vostro programma.
Crystal Cave.
All’ingresso del parco c’è la Crystal Cave, una caverna con le solite formazioni: stalattiti e stalagmiti. Occorre prenotare la visita guidata a gruppi. La prima è a metà mattinata. Attenzione che le prenotazioni si fanno solo presso alcuni sedi del centro visitatori, per cui informatevi prima di andare. La caverna non è di particolare interesse e se non avete tempo da spendere in abbondanza consiglio vivamente di saltarla, anche perché la guida, non avendo molto da mostrare, si perde in chiacchiere e battute con i visitatori, facendovi perdere molto tempo.
Se ci andate fate attenzione a non lasciare cibo nell’auto, se non ben sigillata. Gli orsi della zona sanno che i turisti lo portano sempre con se e ispezionano le auto. Se sentono l’odore, tentano di arrivare a quello che gli interessa e vi possono fare danni seri. Di solito ci sono dei box metallici a prova di orso, dove potrete mettere quello che potrebbe attirarli.
Le sequoie.
Ho visitato il Sequoia in due occasioni, perché, dopo esserci stato con mia moglie, ci sono tornato alcuni anni dopo per farlo vedere ai miei figli, sperando che piacesse anche a loro, come è stato. In effetti questo è un luogo dove non ti annoi. Sempre affascinante e in grado di farti trovare angoli che non avevi notato la volta prima. Per i bambini è ottimo.

La visita del parco è sempre piacevole, anche solo gironzolando lungo i sentieri ed ammirando gli alberi giganteschi che ti circondano. I punti imperdibili sono i seguenti:
- il Generale Sherman, ovvero la sequoia con il maggior volume di legno;
- il Generale Grant, ovvero la sequoia con il maggior perimetro alla base del tronco;
- il Moro Rock, è un sentiero che si arrampica su uno sperone di granito con una vista veramente spettacolare;
- il Tunnel Log, un enorme (veramente) tronco morto, sdraiato sul suolo, con la superficie superiore piana e pertanto usata da decenni per le foto con i veicoli sopra (ce ne sono di storiche);
- quello che io chiamo il tunnel, ovvero un’altro tronco parzialmente scavato dove si può passare sotto con l’auto;
- quello che io chiamo il tubo, ovvero un’altro tronco cavo dove si può entrare dentro a piedi e percorrerlo.
I due generali non sono né il più alto, né il più vecchio. Entrambi pare che siano altrove, non segnalati. Il più vecchio ha 3200 anni, mentre il più alto arriva a 95 m.
Orsi.
Se avrete fortuna potrà capitarvi di vedere un orso. A questo riguardo sono stato fortunato sia qui che a Yellowstone. Mentre molti turisti facevano di tutto per strappare una foto a un orso, anche solo a distanza, a noi è capitato in entrambi i casi di trovarci una mamma orsa con i cuccioli a distanza ravvicinata. A Yellowstone andò anche meglio. Purtroppo gli orsi non stanno fermi in posa e in entrambi i casi erano piuttosto attivi, ma mi accontento.

Per chi non lo avesse capito il parco stramerita, anche se ci siete già stati.
Pernottamento e pasti.
A Three Rivers si può alloggiare senza problemi. C’è un po’ di tutto sia per l’alloggio che per mangiare. L’unico difetto è che se si deve entrare nel parco due volte c’è tutta la strada in salita da rifare e non è comodo.
Io consiglio il Comfort Inn & Suites Sequoia Kings Canyon, dove infatti sono tornato in occasione della seconda visita. Come tutti gli alberghi di questa serie, come anche i Days Inn, sono economici, stile motel americano, hanno tutte le camere con TV, macchina da caffè, wireless, semplice colazione self service e spesso hanno anche il microonde. Come spesso accade con strutture tipo motel piuttosto economici, i punteggi sulle piattaforme di prenotazione sono abbastanza bassi. Io ritengo che sia una ottima scelta per chi non vuole ambienti di lusso.
Riguardo ai pasti, se non si vuole perdere tempo o spendere, 300 m verso il parco c’è il Pizza Factory, prevalentemente da asporto, ma si può anche mangiare lì. Ordini, ti prendi le posate e aspetti. Il posto è piuttosto spartano. La pizza non è male, anche se non siamo agli standard italiani. L’albergo consiglia un ristorante in convenzione (10% di sconto), circa sei miglia verso il parco. Si chiama Gateway. Piuttosto caro, qualità del cibo e ambiente nella media.
Kings Canyon National Park.
Vicino al Sequoia c’è il Kings Canyon National Park. Io ho fatto solo un rapido giro per rendermi conto delle caratteristiche dei luoghi. In pratica è una valle con un fiume, in un ambiente molto tranquillo. Per chi cerca proprio questo va benissimo, ma in generale si può saltare. Ovviamente ci saranno molte gradevoli escursioni da fare. I boschi intorno promettono bene, ma il Sequoia è un’altra cosa.
Yosemite National Park.
La tappa successiva è il vicino e famoso Yosemite. Per andarci occorre però tornare verso la viabilità principale.
Il parco si presenta bene, scenari da cartolina, cascate, montagne fotogeniche ecc. Il problema è la troppa gente. Un formicaio vero e proprio. Grandi e piccoli che brulicano ovunque. Impossibile scattare una foto decente, senza riprenderne una decina. Sotto la cascata principale non c’è scoglio, ma che dico, un sasso libero.
Non ci credete? Guardate la foto qui sotto.

Mi dispiace ma in questi casi io non sono adatto ai luoghi. Rapido giro, qualche foto venuta male e via. Provo a fare un semplice trekking di 40′ ben segnalato, ma resto ancora deluso, non è niente di che.
Come per il Kings, anche nel più famoso Yosemite la visita finisce subito.
Guardando in alto, verso le cime delle montagna si immagina che ci siano dei bei sentieri, ma vanno bene per chi si può fermare qualche giorno.
Pernottamento e pasti.
Per la notte consiglio il Best Western Yosemite Gateway Inn. Altra catena molto diffusa, non solo negli USA, i Best Western sono forse un po’ migliori delle due catene citate prima, ma vanno sempre bene per i viaggi itineranti. La differenza di prezzo non è molta e hanno ambienti sempre molto gradevoli.
Riguardo ai pasti, anche qui non mi sento di dare consigli veri e propri. Solo per informazione, posso solo dire che circa un chilometro prima dell’albergo c’è una piazza sulla sinistra dove, vicino a un supermercato con farmacia, c’è un ristorantino messicano dove ho mangiato abbastanza bene. Vicino c’è anche una pizzeria. Di più non posso dire.
Riepilogo.
Con lo Yosemite si completa la visita dei principali parchi californiani. La tappa finale è San Francisco.
Per la visita dei luoghi sopra descritti sono sufficienti i seguenti pernottamenti, riportati nell’ordine da me seguito per quanto detto sopra. Fra parentesi il numero di notti.
- Los Angeles (2)
- Las Vegas (1)
- Bryce Canyon City (1)
- Monument Valley (1)
- Holbrook (1)
- Grand Canyon Village (1)
- Kingman (1)
- Furnace Creek (Death Valley) (1)
- Three Rivers (Kings N. P.) (1)
- Oakhurst (Yosemite N. P.) (1)
- San Francisco (2)
Questo itinerario si sviluppa per circa 5000 km, con percorso che prevede due passaggi a Las Vegas. Fatto così è un po’ tirato perché il tempo che avevo era quello e comunque cerco sempre di riempire il più possibile i miei viaggi. Chi ama ritmi più lenti dovrà prendersi qualche giorno in più o tagliare qualcosa.
Ovviamente potrà essere personalizzato in più o in meno secondo le proprie preferenze.
Riguardo le informazioni per il viaggio, le potrete trovare nell’articolo sugli Stati Uniti.
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