
Ovvero i gioielli che spesso vengono ignorati, a favore dei luoghi più ricercati.
Cercate qualcosa di affascinante nel cuore della Toscana, oltre i soliti e ultrafamosi, Siena, San Gimignano, Colle Vald’Elsa ecc? In particolare luoghi da visitare in provincia di Siena. Di seguito vi indicherò diversi siti molto stimolanti.
Cominciamo.
L’Italia è tutta un museo, è tutta interessante e i turisti stranieri lo sanno bene, anche più degli stessi italiani. La provincia di Siena rappresenta un po’ il cuore di questa Italia unica e irripetibile. Qui la concentrazione di borghi caratteristici, di centri storici dalle tradizioni secolari, di paesaggi da cartolina, raggiunge uno dei suoi picchi massimi.
Ovviamente i centri maggiori e più conosciuti dominano gli interessi delle schiere di turisti che ogni anno vengono a visitare queste terre. Ma c’è tanto altro. Basta prendere una guida turistica destinata agli stranieri e troverete decine di luoghi di interesse, dei quali magari ignoravate persino l’esistenza.
Sono toscano di nascita, anche se sono nato e cresciuto più a nord di questi luoghi, e solo da qualche anno ho scoperto alcuni dei gioielli che troverete descritti di seguito. Succede infatti di venir attratti da luoghi esotici, visti in foto o video, o dei quali abbiamo sentito parlare, ma non ci viene in mente di interessarci di quello che abbiamo dietro casa. Quando ero sudente all’Universtità di Pisa, da alcune aule vedevo ogni giorno i monumenti di Piazza dei Miracoli, ma solo molti anni dopo mi sono reso conto che non conoscevo la storia della Torre Pendente e non l’avevo mai visitata.
San Galgano e la Spada nella Roccia.
La famosa Spada nella Roccia. Basta nominarla e subito viene in mente la storia di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda (e magari Merlino e il suo duello con Maga Magò). Ma di tutte queste leggende non vi sono prove concrete. Nulla conferma queste storie, facenti parte dei cosiddetti racconti Arturiani, dal nome del condottiero britannico che difese la Gran Bretagna tra il V e il VI secolo. Della storia di San Galgano invece, anche se vi sono diversi misteri, sussistono molti riscontri concreti.
Chi era San Galgano?
Galgano Guidotti da Chiusdino era un giovane scapestrato, che aveva condotto una vita disordinata e dissoluta. Ma a un certo momento, pare poco dopo i 30 anni, decise di divenire un eremita e di dedicarsi alla meditazione e alla penitenza. Nel giorno di Natale dell’anno 1180, giunto sul colle di Montesiepi, infisse la sua spada nel terreno, affinché da arma divenisse una croce e, come gli era stato suggerito in sogno, eresse una rotonda sul colle e vi si ritirò.

In effetti dalla roccia del colle di Montesiepi sporge l’elsa di una spada, che pare esservi infissa. La storia di San Galgano è inversa a quella del mito arturiano. Re Artù, si narra che estrasse la spada, divenendo re d’Inghilterra. San Galgano invece infisse la spada affinché divenisse un simbolo di pace. Nei mesi successivi gli furono attributiti alcuni miracoli e l’anno dopo morì. Lo stesso anno della nascita di San Francesco.
Quello di San Galgano sembrerebbe essere il primo effettivo processo di canonizzazione. I monaci Cistercencensi si impadronirono della storia, stabilendosi nella rotonda eretta su Monte Siepi ed ereggendo la storica abbazia tutt’oggi ammirabile, seppur priva del tetto, la cui costruzione era stata indicata anche da Papa Alessandro III, che aveva incontrato il santo prima della sua morte.
Il mito si diffonde.
Ma il mito di San Galgano si allargò oltre misura. Si narra che la storia ottenne molto seguito presso la corte di Aquitania. Guglielmo X di Aquitania scomparve improvvisdamente nel 1137 e secondo diverse ricostruzioni storiche, si ritirò proprio da queste parti, con il nome di Guglielmo di Malavalle, vivendo da eremita nell’eremo tutt’oggi esistente. In effetti Galgano e Guglielmo pare proprio che si conoscessero e potrebbe essere stato quest’ultimo a portare il mito della spada nella roccia nelle corti del nord Europa. Analisi sul DNA delle reliquie di San Guglielmo vanno nella direzione di una sua origine nord europea.
Eleonora d’Aquitania, figlia di Guglielmo X, dopo essere stata sposa di Luigi VII di Francia, fu ripudiata per non avergli dato un erede maschio. Divenne moglie di Enrico d’Inghilterra e madre dei suoi otto figli, tra i quali Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra. Come vedete gli indizi intriganti non mancano. Dimenticavo di aggiungere che uno dei cavalieri della famosa tavola rotonda si chiamava Galvano!!!!
Incuriositi?
Allora sentite questa. Alla corte di Guglielmo X di Aquitania operava il poeta e scrittore Chrètien de Tryes, autore di “Le Roman de Perceval ou le conte du Graal“, nel quale fa comparsa per la prima volta il Santo Graal. La storia sembra scritta sulla vita di Galgano. Qualcuno si spinge a ipotizzare che il Santo Graal sia nascosto proprio qui. In effetti la Rotonda è appunto a sezione circolare e la volta sembra propria una coppa rovesciata, ma non vi è alcun indizio che materialmente vada in questa direzione.
Recentemente sono stati eseguiti alcuni sondaggi con tecniche georadar per cercare cavità nascoste e studi sulla spada. Per il momento non è emerso nulla di importante, anche se all’inizio del secolo scorso fu ritrovata una cassetta di piombo con l’iscrizione: “ossa di San Galgano“.
Riguardo alla spada, non trattandosi di materiale organico, non si può fare una datazione con il radio carbonio 14. Le analisi della forma e quelle sul metallo sono comunque compatibili con il periodo che gli viene attribuito e la parte non visibile dall’esterno è stata rilevata e quindi sembra proprio infissa. Di sicuro si sa che il solito imbecille ha tentato di estrarre la spada, spezzandola. Oggi è protetta da una cupola di materiale plastico trasparente, che complica non poco gli sforzi per fotografarla in maniera soddisfacente.
L’abbazia.
Nei secoli successivi alla sua costruzione ebbe notevole importanza, anche grazie ai numerosi finanziamenti che la resero assai potente. La carestia e la peste del 1300 diedero inizio al suo declino. L’abbazia fu saccheggiata dalle compagnie di ventura e i monaci si trasferirono altrove.
Dopo alcune dispute sulla proprietà dell’area, il degrado prese il sopravvento e nel settecento il complesso era ormai crollato. Solo nel secolo scorso fu restaurato e oggi è in discreto stato, pur senza il tetto del corpo principale.

Per visitarla basta inserire nel proprio navigatore il comune di Chiusdino. Di solito l’abbazia è fra i luoghi di interesse pre impostati in quel comune. Lasciate l’auto nell’apposito parcheggio e proseguite a piedi. La visita prevede prima l’ingresso dai locali adiacenti l’abbazia, dove si fanno i biglietti. Si visita questa, sia da dentro che dall’esterno e poi si segue la stradina che sale fino alla rotonda, dove si trova la spada. Da lì, basta seguire la strada in discesa per tornare al parcheggio.
Il biglietto di ingresso comprende anche la visita del museo che si trova nel centro di Chiusdino. Non è particolarmente interessante, ma ne completa la visita. Vi si trovano numerosi dipinti che narrano la storia del santo.
Dei luoghi meno conosciuti da visitare in provincia di Siena, questo è probabilmente il più interessante e intrigante.
Monteriggioni.
“Come in sulla cerchia tonda Monteriggion di torri si corona“. Così il borgo fortificato è citato nella Divina Commedia al canto XXXI dell’Inferno. In effetti le mura ad andamento quasi circolare, intervallate da torri, che si ergono sulla sommità di una collina, viste da lontano appaiono come una corona. Non sono particolarmente imponenti ma il fascino medievale è indiscutibile.
Da un estremo all’altro non si arriva a 200 m di distanza e la visita può essere anche molto breve. Ma non lasciatevi prendere dalla fretta del turista distratto. Soffermatevi ad assaporare l’atmosfera che vi si respira. Immaginate il luogo 800 anni prima, con i soldati di guardia che circolavano fra le mura. In effetti fu eretto a scopo difensivo della Repubblica di Siena e a presidio della via Francigena e delle valli circostanti.

Oggi ovviamente tutto è orientato allo sfruttamento turistico, ma l’atmosfera è intatta e non vi è violenza della storia del luogo. Volendo si può visitare il museo delle armi, che purtroppo sono solo riproduzioni. Con lo stesso biglietto si può fare un giro sui camminamenti realizzati sulle mura e godersi il panorama sul territorio circostante.
All’arrivo occorre lasciare l’auto nel parcheggio a pagamento, realizato appena sotto le mura. Se lo visitate in piena estate sarà un problema trovare un posto all’ombra. Gli alberi presenti sono pochi e tutti piuttosto piccoli.
Abbazia di Monte Oliveto Maggiore.
Fondata nel 1313 da monaci benedettini della Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto, fondata dal senese Bernardo Tolomei, faceva parte di una serie di monasteri della medesima congregazione, dei quali questo era il principale. Come mi ha confermato uno dei monaci che mi ha mostrato la biblioteca, il riferimento agli olivi (Oliveto) non è dovuto alla ricca presenza di questa pianta nelle campagne toscane, ma agli olivi palestinesi citati nei vangeli.
I monaci seguono la “Regola di San Benedetto“, abitualemente sintetizzata in “ora et labora“, ma che in realtà consiste in 73 capitoli di regole di devozione. Delle numerose copie della “Regola“, diffuse in tutta Europa dopo la sua fondazione, una fu fatta trascrivere da Carlo Magno, dopo la sua visita a Montecassino (dove si trova la famosa abbazia delle stesso ordine monastico) ed è sopravvissuta fino ad oggi. La veste bianca indossata dai monaci è invece dovuta alla particolare devozione verso la Madonna.

Per la visita, non c’è un biglietto di ingresso, ma il solito parcheggio a pagamento. Prima di arrivare all’abbazia si attraversa un edificio medievale, anche se di poco successivo a questa. Si scende per un lungo percorso immerso nel verde e alla fine si trova l’edificio principale. Si può liberamente visitare la chiesa (che non è delle più belle) e alcuni dei locali frequentati dai monaci, fra i quali il chiostro, con le pareti affrescate.

Sono ovviamente interdetti gli ambienti di clausura e altri, alcuni dei quali si possono vedere senza potervi entrare, come il refettorio, o vi si può accedere chiedendo di essere accompagnati, come la biblioteca. Qui sono custoditi volumi vecchi di secoli e deve essere un’emozione poterli visionare, ma non è consentito. Se la visitate, è buona cosa che lasciate un’offerta.
Trovate l’abbazia nel comune di Asciano, sulla strada per Buonconvento.
Pieve di Santa Innocenza.

Detta anche Pieve di Piana, è una piccola pieve vicina a Buonconvento, appunto in località Pieve di Piana. Pochi si fermano a visitarla, ma se passate lì vicino, vi consiglio di fare una breve sosta. Purtroppo è parzialmente privata e trasformata in locanda. La si può solo ammirare dall’esterno, compreso il piccolo cimitero adiacente.
Abbazia di Sant’Antimo.
Altra bella e imponente abbazia, fra le più conosciute e visitate della provincia di Siena. Deve il nome a un sacerdote dell’epoca romana, che si prodigò per convertitre al cristianesimo sacerdoti pagani e nobili romani. Venerato come martire perché decapitato per le sue opere, si narra che le sue reliquie sarebbero state consegnate a Carlo Magno e da questi donate all’abbazia al momento della sua fondazione. Potrebbe però essere una semplice leggenda.

Secondo altri l’abbazia sarebbe invece intitolata ad un altro Antimo, martirizzato nell’anno 352. In effetti il nucleo primitivo era un piccolo oratorio realizzato sul luogo del martirio proprio nell’anno 352, dove precedentemente esisteva una villa romana.
L’edificio attuale risale invece al 1118, anno di inizio di un periodo di massimo splendore del monastero, che all’epoca era una dei più ricchi e importanti. Nei secoli successivi l’abbazia perse alcuni dei suoi possedimenti e, oggetto di dispute fra Siena e Firenze, entrò in un periodo di decadenza, fino a diventare alloggio di un contadino e dei suoi animali.
Nel 1870 cominciò il restauro dell’edificio, fino a riportarlo all’aspetto attuale. I monaci vi tornarono per un po’ di tempo, ma poi lo abbandonarona nuovamente. Oggi vi si celebrano solo eventi liturgici e culturali. Ai turisti si offrono alloggi e farmaci naturali, venduti direttamente nelle ore di apertura al pubblico.
In numerosi punti, si notano i resti di strutture precedenti, con diverse geometrie della facciata e l’utilizzo di altri materiali. In generale quelle precedenti erano realizzate con prevalenti materiali lapidei compatti, mentre le attuali sono in prevalenza costituite da blocchi di rocce più porose. Si vedono comunque parti realizzate con materiali di recupero, probabilmente delle vecchie strutture crollate.

L’abbazia si trova in località Castelnuovo dell’Abate, nel comune di Montalcino, a sud del capoluogo.
San Quirico d’Orcia.
Come altri centri della zona, si trova sulla antica via Francigena, sulla cui direttrice si trovava anche nell’anno 1000, come descritto dall’Arcivecovo di Canterbury, Sigerico. Non vi sono capolavori artistici imperdibili, ma il centro storico è sicuramente gradevole. Partite da un’estremità della via principale, che attraversa il paese, e percorretela tutta a piedi. Visitate la Collegiata, la chiesa parrocchiale del paese, con il vicino Palazzo Chigi, del XVII secolo, oggi sede degli uffici comunali. Spostatevi verso gli Horti Leonini, i giardini all’italiana che per volontà del suo realizzatore, appunto Diomede Leoni, non sono per il piacere di una villa, che infatti non c’è, ma per tutti.

All’estremità opposta del paese troverete l’Ospedale della Scala, del XIII secolo, che ne ha ricoperto la funzione fino alla metà del secolo scorso. Oggi vi sono solo appartamenti.
Delle vecchie mura del nucleo storico del paese è rimasta solo una parte, ma quello che resta delinea comunque bene le antiche geometrie delle fortificazioni.
La Val D’Orcia.
La valle del fiume Orcia, nel sud della provincia di Siena, non è una valle qualsiasi. I motivi per i quali è famosa sono sicuramente diversi. Innanzi tutto i paesaggi sono da cartolina e infatti i punti più caratteristici sono riprodotti in continuazione in foto e dipinti. Gli eleganti movimenti del terreno, con i colori tipici del luogo, i caratteristici cipressi e i vecchi casolari, attraggono continuamente lo sguardo e invitano a scattare foto. Non c’è libro o guida turistica che non mostri la solita chiesetta con il vecchio casolare vicino. Gli antichi centri presenti, come San Quirico D’Orcia, Montalcino, Pienza e Castiglione d’Orcia, arricchiscono ancora di più la visita di questi luoghi.

Ma chi viene da queste parti, soprattutto stranieri amanti del bello, lo fa anche per i prodotti tipici come il famoso Pecorino di Pienza, la Cinta Senese e sua altezza reale il Brunello di Montalcino, ormai introvabile sotto i 24 euro a bottiglia. Poi magari, fra una ricerca e l’altra di prodotti caratteristici e punti panoramici, fra un’antica pieve e una famosa abbazia, ci si ferma in trattoria ad apprezzare i Pici della zona, i grossi spaghetti fatti a mano, magari con il classico sugo di cinghiale.
Insomma chi non apprezza la val d’Orcia, da qualche parte deve avere qualcosa che non va. La valle, dal 2 luglio 2004, è patrimonio mondiale dell’umanità, indicata come intelligente opera di antropizzazione, mirata alla ricerca del bello. Di questi tempi, con gli scempi ambientali ai quali continuamente assistiamo, non si può che apprezzare.
Gli idilliaci paesaggi di questi luoghi non potevano che attirare famosi registi, per importanti scene di film di vario genere. Sono state girate in Val D’Orcia scene dei film:
- Il Gladiatore di Ridley Scott, con Russel Crowe che si inoltra nei Campi Elisi, attraversando un campo di grano vicino a Pienza;
- Fratello sole, sorella luna di Franco Zeffirelli;
- Io ballo sola, di Bernardo Bertolucci;
- Il paziente inglese, di Anthony Minghella.
Nella vita ho avuto la fortuna di poter visitare molti luoghi idilliaci, da paradisi tropicali, a siti archeologici indimenticabili, da paesaggi mozzafiato, alla natura selvaggia nelle sue massime espressioni. Ma se dovesi stilare una classifica, sempre molto difficile, metterei la Val D’Orcia fra i primi posti.
Altri luoghi.
Siamo nel cuore della regione più ricca di patrimonio artistico e naturale della nazione che non ha rivali per questi aspetti. Pertanto i luoghi da visitare sono semplicemente più di quanti ne possiate vedere. Mi permetto di indicarvene alcuni:
- la certosa di Pontignano, appena a nord est di Siena,
- il castello di Brolio, della famosa famiglia del barone Ricasoli,
- la pieve di Corsignano, appena fuori Pienza,
- Montalcino,
- Montepulciano,
- Bagno Vignoni, con le sue acque termali.
Si potrebbe continuare all’infinito.
In questa parte della regione, come in gran parte di questa, si possono praticare con massimo piacere sport come il ciclismo e l’equitazione.
Per trovare molte interessanti informazioni su questi luoghi vi consiglio di visitare il sito. www.terresiena.it.
Pernottamento e pasti.
Per visitare questi luoghi non posso che consigliarvi un agriturismo, che meglio di ogni altra sistemazione si conforma all’ambiente nel quale ci troviamo. Fra i tanti agriturismi della zona, quello che trovo più baricentrico per i luoghi di interesse, più consigliabile per la sapiente ristrutturazione che vi è stata effettuata, per l’utilizzo di arredi tipici dei vecchi casolari toscani, per il valore aggiunto fornito dai proprietari e che (non a caso) ha i massimi livelli di gradimento degli ospiti in fatto di recensioni, è il Podere San Quirico a Castelnuovo Berardenga, dove potrete portare anche i vostri cani.
Da questo, nel raggio di 50 km ci sono:
- la Val d’Orcia,
- Siena,
- Arezzo,
- San Gimignano,
- Colle val D’elsa,
- il Chianti,
- Cortona.
Con qualche chilometro in più potrete arrivare fino al lago Trasimeno.
Per una buona cena spendendo poco, vicino a Castelnuovo c’è Il Bivacco, in località Colonna del Grillo.
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