
Tutte le informazioni che servono per pianificare un viaggio fai da te in questo gioiello dell’Africa meridionale. Per chi vuole vivere in maniera indimenticabile un paese indimenticabile e magari fare un viaggio di nozze indimenticabile.
Cominciamo.
Il paese dei deserti, degli spazi immensi e dei sovrumani silenzi, per seguire l’ispirazione leopardiana. Per i tipi da discoteca, una tortura, ma per chi ama il genere, un paese idilliaco. Per una luna di miele, credetemi, è il massimo del massimo del massimo. Per me è semplicemente uno dei miei paesi preferiti dove ho fatto un viaggio che mi è rimasto nel cuore. In pratica sono sicuramente un “Sand Lover“.

Molti, non conoscendo questo paese, sentendosi dire che è prevalentemente desertico, sono portati a dire che “non c’è nulla, che ci vai a fare”. Allora, prima di tutto, non è vero che non ci sia nulla. In Namibia di cose da fare e da vedere ce ne sono eccome. Ma poi c’è quel qualcosa che altrove si fa fatica a trovare. Quei paesaggi, quei silenzi profondi, quegli orizzonti che sembrano in un altro continente, quegli ambienti surreali che si trovano solo in posti come questo.
Namibia in fuoristrada. Itinerario.
Il percorso proposto vale per tutti, mentre alcuni degli alloggi indicati sono di fascia alta. La logica è quella di proporre un viaggio nella forma che consenta di massimizzare il rapporto qualità prezzo. In altre parole quando una sistemazione di fascia alta fa impennare il godimento del luogo, rende possibili attività importanti non realizzabili diversamente, allora vale la pena di considerarla. In alcuni casi la sistemazione costosa è l’unico modo per visitare certi luoghi.
Il paese ha un percorso naturale ad anello che tocca tutte le destinazioni importanti di interesse turistico. Questo può essere percorso in un senso o al contrario, senza controindicazioni. Al massimo potranno essere adattati il primo e l’ultimo pernottamento, anche a seconda degli orari dei voli.
In ogni caso il punto di partenza sarà la capitale Windhoek. All’arrivo servirà un auto a noleggio con caratteristiche adeguate e la prenotazione di tutti i pernottamenti. In proposito, troverete tutte le informazioni necessarie nell’articolo: Guida al viaggio in Namibia. Attrezzatura, alloggi, scelta dell’auto.
Il percorso indicato sarà quello in senso antiorario, se farete al contrario non cambierà molto.
Per quanto il vostro volo arrivi al mattino, considerando quanto serve per superare i controlli doganali, ritirare i bagagli, prelevare un po’ di contante e ritirare l’auto, la prima destinazione non potrà essere molto distante. Personalmente consiglio di fermarsi intorno a Okahandja, primo centro a nord della capitale.
In quella zona una ottima soluzione è alloggiare presso The Elegant Farmstead. Ottima perché è una sistemazione di tutto confort, all’interno di una grande proprietà, ad un prezzo sicuramente conveniente. Molti prodotti che vi saranno offerti per la cena sono prodotti sul posto.
Probabilmente vi porteranno anche a fare un giro per un primo contatto con la fauna africana, che non manca intorno al lodge. Realizzato su una vecchia proprietà, dove ancora prima c’era una missione, oggi ha tutti gli ambienti climatizzati e una piscina. Quando ci sono stato io si chiamava ancora Otjizazu, che significa “bue rosso”. Pare che il nome derivi dai capi di bestiame di un vecchio proprietario Herero.
La posizione è ideale per chi si sposta verso nord e deve fermarsi non troppo distante da Windhoek. Colazione e cena vi saranno probabilmente serviti insieme agli altri ospiti. L’ispirazione della cucina sarà tedesca, se nel frattempo non sono cambiati i proprietari di Amburgo e anche perché la Namibia è una ex colonia germanica e vi sono ancora molte tracce della vecchia dominazione.
Namibia in fuoristrada. Tappe.
AfriCat Foundation.
Smaltita la stanchezza del volo, potrete ripartire verso il primo vero luogo di interesse: l’Okonjima Luxury Bush Camp. Questa è una delle soluzioni di costo elevato che vi consiglio. Il motivo è che solo alloggiando qui, potrete visitare la riserva privata della Africat Fundation e l’attrazione è la riserva stessa.
La fondazione è una non-profit che raccoglie fondi per le sue attività di salvaguardia dei felini africani e non solo quelli. Ogni anno vengono recuperati parecchie decine di grandi predatori, vittime di trappole illegali, ferite di cacciatori, oppure cuccioli ai quali è stata uccisa la madre e così via.
Il centro cura gli animali feriti e aiuta a crescere in ambiente protetto i cuccioli. Allo scopo c’è un vero e proprio ospedale con tutte le attrezzature necessarie, che potrete visitare. Vi spiegheranno come lavorano e forse vi sarà possibile vedere qualche animale in terapia.
Dopo le cure gli animali che si sono ben ripresi vengono rilasciati nella riserva dove vivono liberi, ma allo stesso tempo protetti perché l’area è delimitata. Tra gli obbiettivi della fondazione vi è anche l’educazione sia dei ragazzi, sia dei proprietari della zona, che si difendono dai predatori mettendo trappole. Organizzano lavori di ricerca e studio della fauna africana, con redazioni di pubblicazioni, che poi vengono usate anche da centri di ricerca universitari.
La riserva è enorme: 200 km2. La si può girare per ore in fuoristrada senza incontrarne i confini. Gli animali presenti sono leopardi e ghepardi, ma ci sono anche altri animali, soprattutto licaoni, che probabilmente vedrete in qualche recinto vicino al centro in attesa della loro liberazione. Non sorprendetevi se vedrete anche dei pangolini. Gli addetti vi porteranno a vedere da vicino i ghepardi che, essendo più socievoli, si lasciano avvicinare e accetteranno volentieri da voi qualche boccone di carne.

Per i leopardi è tutto un altro discorso. Schivi e timorosi, non si lasciano avvicinare e nemmeno trovare, se non fosse che, per poterlo fare, gli hanno messo un radio collare. Andrete in giro con un addetto che ogni tanto solleverà l’antenna di ricerca. Non pensate però di poter andare vicini a un leopardo. L’animale si sposterà sempre per mantenere quella che riterrà una distanza di sicurezza e sempre con qualche albero o arbusto fra lui e voi. Potrete comunque ottenere qualche foto, ma mettere a fuoco sarà un problema. È probabile che le foto belle le vediate appese alle pareti del centro, ma se sarete bravi e fortunati magari le farete anche voi.

Chi lo desidera potrà partecipare anche a un’uscita notturna per vedere gli animali quando sono più attivi.
L’alloggio è da favola. Ci sono delle strutture che sono parzialmente in muratura e parzialmente realizzate con teli, che potrete aprire o chiudere a piacimento. Ognuna è distanziata dalle altre di almeno 60-70 m, per la massima privacy e tranquillità. La sera se volete potrete dormire senza una parte delle pareti e ascoltare meglio i rumori della natura, che sentirete comunque.
I pasti si consumano nella struttura centrale, a un grande tavolo comune. Potrete fare conoscenza con persone di diverse età e di diversi paesi. Il cibo è ottimo e l’ambiente è lussuoso, ma informale, come spesso succede in Africa. Qui tutto è curato nei dettagli. Cena e colazione sono compresi nel prezzo.
Se potete permettervelo, non fatevi fermare dal prezzo (alto), perché vi perdereste molto. Il vero viaggiare non è solo divertimento, ma anche arricchimento delle proprie conoscenze e avvicinamento alle diverse realtà.
Waterberg Plateau.
Lasciato a malincuore il centro, ci si può dirigere verso nord est, per arrivare al Waterberg Plateau. Come dice il nome è una superficie pianeggiante sollevata di alcune centinaia di metri rispetto alla pianura sottostante. Sul plateau si sono ricreati gli ambienti tipici della savana africana e ci sono molti animali tipici di questo habitat, che si possono osservare.
Se avete tempo, potete andare a vedere le impronte di dinosauro nei pressi della cittadina di Kalkfeld, sulla C33 fra Omaruru e Otjiwarongo. Lasciate 170 milioni di anni fa da un gigante tridattilo alto 25 m, sono il ricordo del periodo quando da queste parti c’erano acque basse, mentre l’area si stava progressivamente sollevando. Io purtroppo non avevo tempo e non le ho potute vedere. Dalle foto sono molto nette e deve essere un bello spettacolo. Se ci andate, da Kalkfeld imboccate la D2414 e seguitela per 29 km.

Tornando al Waterberg Plateau, che troverete pieno di vegetazione, grazie alle particolarità geologiche che lo caratterizzano, è rifugio di specie ormai rare, come i rinoceronti e alcune specie di antilopi. Purtroppo i primi restano di difficile avvistamento e sarete molto fortunati a vederne uno.
All’ingresso del parco c’è un ufficio dove si può prenotare un game drive, che consiglio sicuramente. Di solito si può prenotare direttamente il successivo in partenza. Per chi ha già fatto molti safari non sarà niente di straordinario, ma ritengo che l’originalità del luogo lo renda comunque diverso dagli altri. In alcuni punti sono stati predisposti dei capanni per l’osservazione degli animali. Si possono vedere bene, ma si è nascosti ai loro occhi. Secondo me ci vedono benissimo, ma sono semplicemente abituati e sanno che non c’è pericolo.
Uno dei metodi per attirarli è mettere dei blocchi di sale ai quali sono sempre interessati i grandi erbivori come il Kudu. A proposito, se non ne avete mai visto uno, preparatevi, perché è sicuramente fra i più maestosi, soprattutto i maschi adulti, con i palchi al massimo dello splendore. Non pensate nemmeno di andare in Africa meridionale senza una guida al riconoscimento degli animali. Io mi trovo bene con “Guida dei mammiferi d’Africa e guida pratica al safari”, di Marco Lambertini.
Tutte le formalità si sbrigano all’ingresso del parco, a Bernabè de la Bat. Se avete prenotato presso il Waterberg Camp, qui c’è un ufficio che vi indicherà la vostra struttura. Consiglio di prenotare uno dei piccoli chalet che si trovano in cima alla salita, proprio sotto al bordo ripido del plateau. In pratica sono delle piccole casettine, di solito accoppiate a due a due. Ci sono di varie misure, hanno costo ragionevole e sono spaziosi. Ciascuno ha posto auto, camera, area giorno con angolo cottura, piccolo porticato per mangiare fuori e un barbecue. Occorre prepararsi tutti i pasti, ma si è in piena libertà. La vista è molto gradevole su tutta la valle sottostante. Le finiture sono molto spartane, non c’è cura dei dettagli, ma per una notte la trovo una soluzione ottimale.
Comprate qualcosa per cena e colazione al negozietto vicino all’ingresso del parco.
Se nel vostro giro dovete eliminare una tappa, consiglio di eliminare proprio il Waterberg Plateau.
Il meterorite di Hoba.

Invece io non eliminerei una fermata, magari veloce al meteorite di Hoba. Si tratta di un enorme blocco di ferro, nichel e cobalto, caduto sulla terra non si sa esattamente quando, ma intorno a 80000 anni fa. La cosa più strana è la forma, molto regolare, quasi un perfetto parallelepipedo. Forse si è spezzato nell’impatto.
Lo trovate sulla D2859, vicino a Grootfontein.
Etosha National Park .
La logica tappa successiva è il parco Etosha. Lungo la strada potete fermarvi al lago Otjikoto, che si è formato a causa del crollo della volta di una antica caverna. Il terreno da queste parti ne ha diverse, anche molto grandi, che potrete visitare. Durante la prima guerra mondiale i soldati tedeschi gettarono nel lago armi e munizioni per non farle cadere in mano ai sudafricani, ma tutto venne recuperato successivamente. Intorno troverete il solito negozietto per turisti, animali da cortile e qualche cimelio dell’occupazione tedesca. Ricordiamo che la Namibia è una ex colonia tedesca e che successivamente, fino al 1990, è stata territorio del Sudafrica.
L’Etosha National Park è una meta obbligata di qualsiasi viaggio in Namibia. Prevedete di fermarvi non meno di due notti. Il parco ha attrattive di diverso tipo. Il classico safari è molto proficuo, perché qui gli animali sono tranquilli e abituati ai turisti. In totale ce ne sono meno che nei grandi parchi come Serengeti o Ngoro Ngoro, ma forse ne vedrete di più e comunque più spesso. L’ambiente arido riduce le possibilità di abbeverarsi alle pozze note e lì il risultato è garantito. Vicino all’ingresso di Namutoni c’è una pozza che visitata al mattino è uno spettacolo. In poco tempo vedrete di tutto anche se di solito faranno a turno: elefanti, giraffe, impala, orici, gnu, springbook, zebre e altro.
Fermate la macchina, abbassate i finestrini e state in silenzio. Purtroppo non sarete soli.


Organizzatevi un giro del parco che più vi piace e cercate di non disturbare i gruppi di giraffe che gironzoleranno insieme a voi. All’interno del parco e agli ingressi ci sono alcune strutture dove si può mangiare e fare acquisti. Si può uscire e rientrare con lo stesso biglietto.
Non sarà difficile qualche incontro ravvicinato. Spegnete il motore e non fate rumore.

Non dimenticatevi di andare nella “pan“. Vengono chiamati così i bacini di acque basse e in effetti il nome rende l’idea. Anche qui come anche nella vicina Botswana, durante la stagione secca, il lago si prosciuga e si formano delle distese sterminate perfettamente pianeggianti. Danno un senso di infinito. Ci si sente piccolissimi e insignificanti. Non si può scarrozzare dentro la pan, ma è prevista una piazzola dove si può arrivare per ammirare lo spettacolo. Non perdetevela.
Per questo parco ci sono anche escursioni con partenza da Windhoek, per chi preferisce affidarsi a un’organizzazione che pensi a tutto. Per esempio questo Safari di 4 giorni nel Parco Nazionale Etosha vi consente di esplorare il parco, consentendovi di scegliere il tipo di sistemazione.

Per il pernottamento consiglio l’Ethosha Aoba Lodge, vicino all’ingresso est del parco. Se preferite, invece di contattarla direttamente con il link sopra, potete prenotarla tramite la The Cardboard Box.
Per raggiungere il lodge occorre percorrere 10 km di strada sterrata un po’ bruttina, ma ne vale la pena. Fate attenzione alle famiglie di suricati che incontrerete. Il lodge è molto bello e ben inserito nell’ambiente. Ognuno ha la sua casetta immersa nella vegetazione, accoppiata a quella adiacente, ma senza disturbo reciproco. Tutte le strutture migliori di solito hanno la piscina. C’è anche qui, ma nelle stagioni intermedie, come in maggio, è un po’ freddino per stare in acqua.
Nel prezzo dell’alloggio c’è anche la cena. Molto buona e bellissimo ambiente, ben curato nei dettagli. Qui ognuno ha il suo tavolo. Soluzione che ha il pro e il contro, perché non si possono conoscere gli altri ospiti.
Foresta pietrificata.
A questo punto il percorso ci porta versa ovest. Prima si scende verso Outjo e poi si devia verso Khorixas. Qui la strada diventa sterrata e si ha la sensazione di entrare in un territorio più selvaggio. Il percorso è lungo e vanno via molte ore.
Ci si sposta verso la parte sud dello splendido Damaraland. I paesaggi si arricchiscono e cominciano gli sfondi da cartolina. Lo devo ripetere: adoro questi luoghi.
Una fermata d’obbligo è per una rapida visita della foresta pietrificata. Spettacolo simile a quello della omonima, presente nell’Arizona orientale. Anche qui i tronchi sembrano veri e invece sono dei fossili. Ce ne sono di enormi.

In questa zona le cosa da fare e da vedere non mancano e si sommano ai paesaggi da cartolina. Si può partire con le pitture preistoriche di Twyfelfontein.
Twyfelfontein.
C’è un museo che ne raccoglie molte. Visite guidate consentono di vederle praticamente tutte, lungo il percorso predisposto. Più che pitture sono dei graffiti sulle rocce arenarie che sono state facilitate dalle superfici piane dei grossi blocchi di pietra, probabilmente dovuti all’origine sedimentaria. Quando ci sono andato, mi sono accorto che la ragazza alla reception somigliava molto a una foto riportata nella mia guida. Gliel’ho mostrata e mi ha detto che era sua sorella.

In zona si può trovare carburante presso il piccolo aeroporto, dove partono i voli per vedere la zona dall’alto.
Altra cosa interessante non lontana è la montagna bruciata. Sembra impossibile, ma è proprio così. Non è proprio una montagna, bensì una collinetta, ma il fianco è effettivamente tutto annerito per l’esposizione a un forte calore. Non si sa quale sia la causa.

Lì vicino ci sono le cosiddette “canne d’organo“, ovvero una grossa colata basaltica che forma queste particolari formazioni. Ne ho viste altre altrove; mi viene in mente il Madagascar, vicino a Nosy Be, alle isole Mitsio, dove si vedono transitando in barca. Ve ne sono anche a Yellowstone, dove hanno formato una distesa di blocchi conseguenti alla loro frammentazione.

Nel tardo pomeriggio, si può andare in qualche punto adatto per guardare il tramonto che qui è spettacolare. Ci sono molti percorsi fattibili in fuoristrada che portano in punti isolati adatti allo scopo. I molti guadi di corsi d’acqua, quasi tutti a secco, hanno sponde ripide che li fanno sembrare impossibili da superare, ma non è così.
Per il pernottamento in questa zona ci sono due soluzioni entrambe ottime. Il primo è il Twyfelfontein Country Lodge, in una ottima posizione protetta, ottimamente inserito in mezzo alle rocce naturali. Ben conosciuto e citato in tutte le guide, merita la sua fama. Meno famoso ma non meno affascinante è il Doro Nawas, costruito sulla sommità di una collinetta, che gli consente una vista a 360°. I paesaggi intorno sono da cartolina.
Ogni ospite ha una sua struttura parzialmente in muratura e parzialmente in telo. Tutte sono disposte a raggiera intorno all’edificio centrale e ben distanziate a garanzia della massima privacy. Le magnifiche terrazze di cui dispongono si prestano anche a far scivolare il letto (su ruote) all’aperto e dormire sotto le stelle, se la stagione lo consente. Anche le sale comuni sono molto belle e i tramonti indimenticabili. La sera si può fare qualche osservazione astronomica con il telescopio posto sulla copertura. Uno degli alberghi più belli dove sia stato.
Skeleton Coast.
La tappa successiva è dirigersi verso la ultra famosa Skeleton Coast.
Lungo il percorso la vegetazione, già poca, si dirada ancora di più. Il paesaggio si fa sempre più brullo. Sembra impossibile che ci siano animali, ma è così. Gruppi di orici si intravedono ogni tanto. Anche gli elefanti del deserto transitano in zona. Si vedono anche alcune zebre. La strada è un saliscendi, ma le discese sono sempre di più e più lunghe. Alcune vi faranno sentire sulle montagne russe. Qui, come in molte parti dell’Africa, il territorio, per quanto pianeggiante è sempre in quota, spesso 1000 – 1500 m. Questa quota sarà spesa durante il tragitto.
Superato l’ingresso del parco si arriva alla costa. Brulla e tetra come fa presagire il suo nome, non fa sorprendere che non desse scampo agli equipaggi delle navi che avevano la sfortuna di rimanere bloccate da queste parti. Non c’è modo di sopravvivere se non si ha un mezzo per allontanarsi e si sa dove andare.
Si vedono i primi “scheletri”, ovvero navi arenate e abbandonate. Molte ormai sono state consumate dagli agenti atmosferici. Pare che le più grandi siano più a nord dove non possiamo andare.

Più a sud si entra nell’area dei giacimenti di diamanti. L’abbondanza di una volta non c’è più. Si racconta che ce ne fossero così tanti che bastava girare di notte per vederne il luccichio al chiaro di luna. In ogni caso all’inizio della Diamond Area una guardia armata avverte che da lì fino alla postazione successiva non è consentito scendere dall’auto o si rischia l’intervento armato. Non so se sia vero, ma è sempre meglio tirare dritti.
Da queste parti incrociare qualcuno è raro, ma capita. I relitti non sono molti, ma alcuni sono suggestivi e fanno pensare a come siano finiti lì e chi ci fosse sopra. Ci credete se vi dico che c’è una località che si chiama Toscanini?
All’uscita del parco si arriva a Ugabmund, dove si trova il famoso cancello con i teschi, riprodotto in tante guide turistiche.

Ancora più a sud le strade sembrano non finire mai, ormai sono delle piste battute con il fondo di puro sale, come è di sale tutta la superficie intorno fino a dove si può vedere.
Cape Cross.
La meta successiva è Cape Cross, dove si può pernottare in semplici camere presso il Cape Cross Lodge. Le stanze affacciate sul mare costano di più, ma la vista del tramonto sul mare è decisamente bella. Per resto niente di particolare.
Lì vicino c’è una gigantesca colonia di otarie che merita la visita. Incredibile quante siano, praticamente una accanto all’altra. Il frastuono è assordante, ma la cosa che sconvolge è la puzza. Roba da non respirare, ci si deve mettere un fazzoletto alla bocca, ma non basta. Indescrivibile. Decine di migliaia di otarie sono ovunque, in terra e in mare. Alcuni sciacalli si aggirano in cerca di prede facili. In effetti molti cuccioli finiscono schiacciati sotto i giganteschi maschi e diventano un facile pranzo.
Lì vicino c’è un capitello con una scritta che ricorda che i primi europei ad arrivare qui furono i portoghesi. Non è originale. Quello fu portato in Germania dai colonizzatori tedeschi, ma ne è una esatta riproduzione.
L’ultimo traguardo prima di deviare verso l’interno è Henties Bay dove non c’è nulla di interessante, ma è solo un’occasione per eventuali rifornimenti.
Lo Spitzkoppe.
Si svolta a sinistra sulla D1918 e si va verso est. In questo centinaio di chilometri, prima dello Spitzkoppe ho trovato alcuni dei luoghi più desolati che abbia mai visto. Ci si può fermare in mezzo alla strada (si fa per dire) e ammirare il “nulla” in ogni direzione. In proposito potete vedere la foto di testa della pagina Viaggi tutto avventura. Lo scatto è proprio fra Cape Cross e lo Spitzkoppe.
Questo è un bella formazione rocciosa che si incontra lungo la strada. Non un elemento piccolo, ma una montagnetta niente male.


Gli agenti atmosferici hanno creato delle forme molto belle, che si possono andare a cercare facendo due passi in giro. Per capirsi si tratta di formazioni tipo le Olgas, vicino al monolite di Uluru, nel cuore dell’Australia.
Con un po’ di fatica si trova il Bushman Paradise, una cavità con pitture preistoriche. Niente di particolare, ma valida testimonianza della presenza umana prima della colonizzazione di questi luoghi. Ovunque ci si accorge di essere osservati da animali piccoli e medi che si pensano assenti, ma sono dappertutto.
Se vi interessa un’escursione da Swakopmund, con guida parlante italiano, per scoprire tutti i segreti di questo luogo e assaggiare i piatti tipici locali, provate questa Escursione a Spitzkoppe in italiano.
Finita la visita si ritorna verso la costa, dove si arriva alla prima vera città dopo Windhoek e cioè Swakopmund. La città in se non è di alcun interesse, ma il luogo dove poter pernottare e cercare di organizzare un’escursione a Sandwich Harbor.
Sandwich Harbor.
Ci sono diverse agenzie in città a cui rivolgersi. Si tratta di scegliere quella che conviene e che accetta la prenotazione già per il giorno dopo. Se ci si capita di domenica, come è successo a me, può essere un problema, ma ci sono riuscito.
Cos’è Sandwich Harbor? Si tratta di un punto caratteristico della costa, che si raggiunge attraversando in fuoristrada un tratto di dune di sabbia. Lì ci sono delle sorgenti di acqua dolce, che sono il ritrovo di varie specie di uccelli. Il bello è il contrasto fra le dune e questa specie di laghetto. Insomma somiglia molto a un’oasi nel deserto.
A dirlo non sembra granché, ma è un bellissimo posto.

Durante il percorso si passa vicino a una colonia di fenicotteri rosa e a lagune dello stesso colore.
Noi mediterranei non siamo abituati alle maree, ma qui si vedono bene. Al ritorno non si può passare lungo il percorso fatto all’andata perché …. non c’è più … è finito sott’acqua.
Per il pernottamento potrete trovare diverse soluzioni a Swakopmund. Io mi sono fermato all’Hansa Hotel, che nel complesso non mi è piaciuto e non lo consiglio. Per la cena se avete voglia non è male la Napoletana Pizzeria.
A questo punto occorre affrontare il lungo trasferimento verso il deserto del Namib.
La strada è talmente lunga e monotona che si è portati a superare i 100 km/h sullo sterrato, che non è proprio il massimo della sicurezza. Le notizie di incidenti gravi non mancano. Fra l’altro è bene ricordare che in Namibia si guida sulla sinistra e dopo molto tempo senza incrociare nessuno, senza alcuna segnaletica, ci si può dimenticare di questo. Succede così che in corrispondenza di uno dei tanti dossi, venga istintivo stare a destra. Se arriva qualcuno dall’altra parte sono dolori. Questo qualcuno può anche essere un esemplare adulto di Kudu e sono comunque dolori. Noi l’abbiamo scampata per un pelo.
Deserto del Namib.
Stremati, si arriva all’ingresso del parco del Namib. Qui va detto subito che è la seconda occasione per spendere un po’ di soldi in un alloggio di lusso. Il Kulala Desert Lodge di soldi ve ne farà spendere di sicuro, ma è l’unica possibilità di alloggiare dentro il parco. Al mattino mentre gli altri sono in coda ai cancelli aspettando l’ora di apertura, si può essere già in prima fila a godersi l’alba sulle dune. Oppure si fa come alcuni miei amici che si sono nascosti dentro il parco per poter dormire in macchina. La mattina dopo ovviamente erano i primi. Sappiate che la cosa è vietata.

Nel pomeriggio si viene accompagnati a vedere il tramonto dal punto migliore. Qui si comincia a notare un aspetto tipico del deserto: di giorno fa caldo, ma la sera fa freddo. Appena il sole va giù, servono le felpe. Il vento può rendere il tutto ancora meno gradevole.
A me capitarono due giorni di vento forte e vi assicuro che in maggio la notte era proprio fredda, infatti la sera ci misero la borsa dell’acqua calda sotto le coperte. La presenza del vento complicò tutta la mia visita. Il giro intorno alle dune più interessanti fu complicato al massimo. Foto e riprese, nemmeno a parlarne. Mia moglie provò a estrarre la macchina fotografica compatta e solo quello fu sufficiente per bloccare l’obbiettivo. Dovemmo spedirla all’assistenza.
La cosiddetta Valle della Morte c’è anche qui ed è l’occasione per parlare di come si è formato il deserto. In sintesi si tratta di sabbia portata dal vento che si è accumulata, formando le gigantesche dune. Alcune di queste hanno intercettato i pochi flussi di acqua che ci sono, facendo morire tutta la vegetazione presente.

Se sarete più fortunati e non ci sarà vento quando sarete da queste parti, vi consiglio il volo in mongolfiera. Io ci ho dovuto rinunciare proprio a causa del vento. Mi spiace molto perché ho un ottimo ricordo di quello fatto ad Alice Springs. Pazienza. Andateci voi e fatemi sapere. Naturalmente il giorno della nostra partenza la giornata era splendida e chi ha voluto l’ha potuto fare.
Per una bella esplorazione del deserto del Namib, vi consiglio il Tour del deserto del Namib. Quattro ore con guida in italiano, prelievo e ritorno in hotel e pranzo in una antica fattoria. Per chi cerca un po’ di adrenalina o semplicemente gradisce un po’ di attività fisica, c’è il Sandboarding nel deserto. In effetti le dunne offrono anche la possibilità di fare surf in un ambiente con un fascino diverso dalla neve. Io, da pessimo sciatore, non riesco a stare in piedi, preferisco posizioni più stabili, ma lo spasso è garantito, specialmente scendendo dune molto alte. Ho un ricordo di questo tipo a Moreton Island, nel Queensland australiano.
Verso Aus.
Segue un’altra tappa decisamente lunga: 400 km per Aus. Lungo la strada, se volete, c’è il castello di Duwisib. Per vederlo occorre percorrere 20 + 20 km. Non è niente di ché e si può saltare.
Durante il percorso si avvistano diversi animali: orici, otocioni, struzzi, sprinbook. Può capitare, come è successo a me di incontrare uno degli animali più pericolosi della Namibia: un Cobra del Capo di 1,5 m. Velenosissimo, ce lo siamo trovati a bordo strada, strisciante e con la testa bella alta. Non ricordavo se fosse una specie di quelle che possono anche spruzzare veleno, come ve ne sono diverse da queste parti, così per sicurezza siamo rimasti all’interno dell’auto a finestrini chiusi.
La fotocamera che avevo era stata messa fuori combattimento dalla sabbia del deserto. Avevo però la telecamera e feci diverse riprese. Bellissimo nella sua livrea gialla. Da quel giorno mia moglie ha preso l’abitudine di fare pipì solo in mezzo alla strada e solo dopo una accurata ispezione dei dintorni.
C’erano dei suricati lì vicino che invece si limitavano al loro tipico stato di allerta.
Quel giorno ci capitarono tutti insieme alcuni degli imprevisti che possono mettere in difficoltà chi transita in quei luoghi. Ne approfitto per dare alcuni consigli importanti. Non partire senza DUE ruote di scorta. Non avevamo mai bucato fino ad allora e ci siamo trovati due gomme a terra nelle stesse 24h. In più, in un giorno in cui abbiamo incontrato più animali che uomini ed eravamo a un’ora di guida nel deserto dal centro più vicino, si è rotto l’alternatore.
Per la cronaca, niente alternatore = niente elettricità = niente motore = niente di niente. Ovviamente eravamo in una zona dove di segnale telefonico non c’era traccia. Fortuna volle che quando ho avvertito il calo di potenza del motore, mi sia venuto subito in mente proprio quel guasto. Così non mi sono fermato (non sarei ripartito) e ho continuato alla massima velocità possibile. La riserva di energia della batteria fu sufficiente per far scintillare le candele fino all’arrivo. Dopodiché l’auto era morta che più morta non si poteva.
Non fu piacevole quella ultima ora per arrivare a Aus. Fra l’altro la corsa mi faceva pensare alle due auto distrutte da un’uscita di strada, incontrate lungo il percorso.
Tanto per completare il quadro, all’arrivo, in cerca di un’officina, ci siamo accorti che era giusto l’Africa Day. Quindi tutto chiuso. Fummo salvati dalla disponibilità di un gommista, che ci aiutò ugualmente, dall’aiuto dei ragazzi dell’albergo dove avevamo prenotato, che si diedero da fare per spiegare il tutto alla compagnia di autonoleggio di Windhoek e alla compagnia stessa che fece partire un’auto alla sera in maniera che, viaggiando di notte, al mattino avessimo un’auto sostitutiva.
Anche per questo mi sento di consigliare il Klein Aus Vista. Hanno stanze con ingresso indipendente ben accessoriate, ottima cucina in un piacevolissimo ambiente e appunto sono molto disponibili ad aiutare gli ospiti. I camerieri parlano con il caratteristico “schiocco” della lingua locale del Damaraland. Per chi ama la tranquillità hanno anche uno chalet decentrato rispetto alla struttura principale.
Kolmanskop.
La tappa successiva non può che essere la visita alla città fantasma di Kolmanskop. Non va persa questa visita, perché è una ottima testimonianza sia del periodo della ricerca dei diamanti da queste parti, sia delle caratteristiche e del modo di vivere a inizio ‘900.
La città si sviluppò rapidamente dopo la scoperta del filone diamantifero e così troviamo tutti i servizi quali: teatro, ospedale, negozi, scuole, palestra, casinò ecc. Altrettanto rapidamente la città morì quando si esaurì il suddetto filone. Così a metà secolo fu abbandonata e da allora è rimasta com’era. La sabbia ha invaso tutto, ma i locali si vedono ancora benissimo, con molti oggetti abbandonati che ne testimoniano l’uso.
La vicina Luderitz non ha niente di particolare, ma non lontano c’è il Diaz Point, ovvero il punto dove si ricorda il giorno del 1488 quando il navigatore portoghese sbarcò qui. La croce presente non è originale, ma ne ricorda la presenza.
Nella vicina isoletta di Halifax si possono vedere i pinguini di una numerosa colonia.
Fish River Canyon.
Tornati a Aus, merita spingersi fino al Fish River Canyon. Un bel canyon che si trova ancora più a sud e che costituirà l’estremità meridionale del viaggio. L’area è un parco nazionale e si deve pagare l’ingresso. Quando ci passai io c’era un addetto, grande tifoso della Juventus. Conosceva tutti i nomi dei calciatori e avrebbe parlato di calcio per ore. Si ricordava anche la famosa testata di Zidane nella partita contro l’Italia.
Il canyon è bello e si può girare in auto. Si può così andare alla ricerca dei punti di osservazione migliori. Le strade sono decisamente sconnesse, ma in un paio di ore si gira tutta la parte interessante.
Per il pernottamento vicino al Canyon, la soluzione ideale è ovviamente il vicino Gondwana Canyon Village. Un complesso dotato di ogni confort, ma immerso nel “nulla”. Posizione eccellente e prezzi non cari come qualcuno lamenta, almeno in rapporto ai servizi offerti. Solita soluzione con casette separate e struttura centrale.
Vicino e con livello superiore, ma sempre con prezzi non alti in rapporto ai vantaggi offerti, c’è il Canyon Lodge. Eleganti casette inserite fra le rocce presenti. Ambiente e finiture curate nei dettagli. Bella struttura centrale e possibilità di game drive. Nel complesso forse un rapporto qualità prezzo inferiore al Village, ma sempre con prezzi adeguati rispetto a quanto offerto.
Kalahari.
Finita la visita comincia il riavvicinamento a Windhoek. Si va verso la B4, dove finalmente si ritrova la strada asfaltata e ci si dirige verso Keetmanshoop.
Il territorio è quello tipico del Kalahari, il deserto a cavallo fra Namibia e Botswana. Per quanto, come quasi tutti i deserti, sia comunque pieno di vita, e pertanto si possano fare diversi avvistamenti di animali, da queste parti non vi sono attrazioni particolari. Se avete tempo potete fermarvi un paio di notti intorno a Mariental ed esplorare i dintorni. Altrimenti potete fare solo un pernottamento per spezzare l’avvicinamento alla capitale. Non perderete nulla.
Se vi fermate, potete visitare la diga e suoi dintorni. C’è un percorso dove si fanno frequenti avvistamenti, ma si tratta dei soliti erbivori. La diga non dice nulla.
Per il pernottamenti potete orientarvi sul Kalahari Anib Lodge, che è carino e di buona eleganza. Buoni I pasti a buffet e posizione di assoluta tranquillità. Le stanze sono decentrate rispetto alla struttura centrale, a garanzia della massima privacy. A me è capitata un’esperienza negativa con il servizio. Mi sono fermato due notti e non c’è stato alcun riordino della stanza, neppure sommario, come talvolta accade quando l’ospite si ferma anche per la notte successiva. Non trattandosi di appartamenti e in base alla mia esperienza in Namibia, questo è da considerarsi negativo, ma potrebbe trattarsi di un fatto occasionale. Si possono fare belle passeggiate nei dintorni, magari accompagnati dal cognolino del lodge.
Dopo non resta che l’ultima tirata in auto fino a Windhoek per il rientro.
Namibia in fuoristrada. Consigli.
Se il tempo è poco.
Qualora vi mancasse tempo per fare quanto vi ho proposto, magari perché volete procedere più lentamente, vi consiglio di tagliare la parte finale del percorso. Eliminate il canyon e da Aus rientrate direttamente verso la capitale.
Non partite e non fate programmi per la Namibia senza esservi adeguatamente informati su come muoversi in questo paese. Vi consiglio di leggere il mio articolo: Guida al viaggio in Namibia. Attrezzature, alloggi, scelta dell’auto.
Altre informazioni.
Se qualcuno è interessato a ricevere altre informazioni per organizzare questo viaggio, può contattarmi e sarò lieto di fornirle. Chi ama i viaggi, ama parlarne e su questo paese per me il piacere è doppio.
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