
Descrizione del più richiesto tour del Marocco: l’escursione nel deserto di Merzouga, passando per le vie delle kasbah e con l’imperdibile giro in cammello, che in effetti è un dromedario.
Cominciamo.
Chi parte per il Marocco molto spesso lo fa per andare ad esplorare le aree desertiche al confine con l’Algeria, prime propaggine del grande Sahara. L’obbiettivo è l’esperienza di una notte nei campi tendati in mezzo alle dune. L’area preferita è di solito quella di Merzouga, non a caso punteggiata di queste strutture. Vi sono anche altre alternative, come l’area a ovest di Zagora, ma il tour per Merzouga è arricchito dalle vie delle kasbah. Siti unici e spettacolari come Ait Ben Haddou e altri, sono assolutamente imperdibili.
Vi descriverò il percorso e le attrazioni che si incontrano in un giro di tre o quattro giorni, con le possibili varianti. Non mancheranno i miei consigli generali e l’indicazione degli operatori più affidabili.
Indice dell’articolo.
Le vie delle kasbah.
Il percorso che porta a Merzouga parte da Marrakech e si dirige verso le aree desertiche presahariane del Marocco, attraversando i monti dell’Atlante. Vengono ripercorse le antiche rotte carovaniere tra il deserto del Sahara e l’antica medina di Marrakech. La prima tappa si trova proprio ai 2260 m del Col du Tichka.

La strada piena di tornanti si arrampica progessivamente sulle aride montagne, seguendone i profili. Le temperature si abbassano, ma senza raggiungere valori estremi. La neve da queste parti è cosa poco rara. Frequenti lavori stradali testimoniano l’interesse per questo tracciato. Si vedono tratti dismessi in conseguenza di miglioramenti precedenti.
Il suolo è povero di vegetazione, ma ricco di colori. Ad ogni cambio di vallata le forme delle montagne e i colori delle rocce mutano continuamente. La morfologia del Marocco è frutto di movimenti tettonici di antica data. I primi rilievi si sono formati circa due miliardi di anni, ma l’artefice della natura del suolo che oggi vediamo è stato il mare, anzi l’oceano.Mezzo miliardo di anni fa le acque dell’Atlantico hanno invaso queste terre e per centinaia di milioni di anni sui fondali si sono susseguiti i depositi su depositi. Non a caso l’area è piena di fossili di vario tipo, che oggi vengono venduti ai turisti e decorano i marmi delle cave locali.
Dopo il ritiro delle acque, 65 milioni di anni fa, è cominciato un processo di erosione che prosegue tutt’ora, conferendo alle rocce quella friabilità che le caratterizza e comportando quelle continue differenze fra un punto e l’altro che oggi ammiriamo.
Ait Ben Haddou.
Dopo il valico si scende verso est per diverse decine di chilometri. I rilievi si fanno meno imponenti e le montagne diventano colline. Arrivati al paese di Tabourahte, si svolta a sinistra e dopo una decina di chilometri si avvista il primo vero gioiello della zona, ovvero la ksar di Ait Ben Haddou.
Questo sito è una tappa imprescindibile di tutte le escursioni nel deserto di Merzouga. Intanto perché è sul percorso per Merzouga e poi perché Ait Ben Haddou è semplicemente spettacolare. Ma alla sua indiscutibile bellezza si aggiunge anche il fatto di essere stato il luogo dove sono stati girate scene di numerosi e importanti film.
I film girati a Ait Ben Haddou.
In questo sito patrimonio UNESCO sono stati girati:
- Lawrence d’Arabia, vincitore di sette premi Oscar,
- Edipo Re di Pierpaolo Pasolini,
- L’uomo che volle farsi re, con Sean Connery e Michael Caine,
- Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli,
- Il gioiello del Nilo, con Michael Douglas e Kathleen Turner,
- 007 – Zona pericolo, con Timothy Dalton,
- L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese,
- Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci,
- Kundun di Martin Scorsese,
- La mummia, film record di incassi, con oltre 400 milioni di dollari raccolti in tutto il mondo,
- Il gladiatore, l’ultra famoso kolossal con Russel Crowe, vincitore di cinque premi Oscar, con alcune scene girate anche in val d’Orcia,
- Alexander di Oliver Stone,
- Il trono di Spade, serie TV,
- Prince of Persia, basato suolll’omonimo videogioco,
- Queen of the Desert, con Nicole Kidman.
Oltre ad altri video e serie televisive che la rendono una location difficile da battere per numero di utilizzi.
In alcuni punti sono stati aggiunti dei manufatti per completare le scenografie richieste dai vari film. L’inserimento è stato ben realizzato, al punto che a distanza non si notano le opere non originali.
Origini.
Le origini esatte del sito non sono note, ma è probabile che le prime realizzazioni risalgano al medioevo. L’aspetto attuale invece è probabilmente del XVII secolo ed è altrettanto probabile che i rimaneggiamenti successivi siano numerosi. In ogni caso la sua edificazione è dovuta al fatto di trovarsi su una importante rotta di commerci, che passava e passa attraverso il passo Tichka.

Il turismo oggi.
Il complesso riveste oggi un rilievo turistico, anche se vi sono ancora alcuni abitanti. Si tratta di solo una decina di persone, mentre le principali attività che vi si svolgono sono strettamente connesse al turismo. Negozietti di vario tipo e artigiani locali che lavorano alle realizzazioni offerte ai visitatori, sono le attività che vi si svolgono. Purtroppo tutte queste presenze inquinano pesantmente le strette viuzze interne allo ksar, riducendone molto il fascino. Non c’è punto dove si possa scattare una foto senza tappeti, ceramiche e dipinti in bella mostra. Peccato.
Kasbah di Telouet e dintorni.
La strada cha passa dalla famosa Ait Ben Haddou prosegue verso nord seguendo un percorso fra i più belli della zona. Villaggi berberi e resti di vecchie kasbah si susseguono senza interruzione. I paesaggi sono spettacolari e gli insediamenti umani ben si inseriscono nell’ambiente naturale. Terrazzamenti, opere idrauliche e orti ben tenuti, testimoniano una presenza umana ancor oggi attiva e determinata a mantenere vivi questi splendidi luoghi.

Anche in questi centri secondari sono state girate scene di film famosi come Il Gladiatore, La Mummia e Alexander. La strada prosegue con uno spettacolo continuo fino ad arrivare al centro di Telouet. Qui si trova una splendida kasbah meno conosciuta e spesso trascurata: la kasbah di Telouet, o più precisamente dei Glaoui, dal nome dei proprietari.
Purtroppo con questo nome mi risulta sia chiamata anche un’altra kasbah poco più a sud. La guida che mi accompagnava mi ha però confermato che il nome corretto è proprio questo, ovvero dei ricchi proprietari che vi abitarono in passato. Il nome Telouet invece è quello del paese vicino. Pare che la famiglia sia ancora proprietaria della struttura, ma le antiche ricchezze siano completamente scomparse. Insomma gli eredi sarebbero caduti in povertà.
Gli interni.
Forse per questo l’edificio, o meglio il complesso, è quasi tutto in rovina e si fa fatica a credere che vi siano parti intatte. Appena entrati nell’ala rimasta in piedi invece si resta a bocca aperta. Splendide sale finemente decorate con mosaici di fattura a dir poco complessa. Soffitti riccamente decorati, tanto da far talvolta pensare a quelli dell’Alhambra di Granada. Veramente bello al punto da far immaginare come doveva essere all’epoca del massimo splendore. Oggi purtroppo alla rovina si somma l’incuria. Ampie parti in deterioramento progressivo e immondizia ovunque.
Davanti alla kasbah c’è un ristorantino, di solito scelto dalle guide. Il cibo è il solito tipico marocchino. I soliti sapori e qualità senza infamia e senza lode.
I cimiteri berberi.
Vicino ai villaggi berberi (i ksour), capita di vedere delle distese di pietre che hanno una disposizione evidentemente artificiale, anche se non hanno null’altro intorno. Non ci sono delimitazioni, recinzioni o altri materiali se non le pietre stesse. Talvolta a indicarne l’utilizzo sono piccole strisce ricoperte di minime opere murarie. Allora viene in mente il motivo della loro disposizione: sono i cimiteri berberi.
Le recinzioni, quando ci sono, hanno il solo scopo di difendere i corpi dagli animali del deserto, che potrebbero impedire l’ingresso dei defunti in paradiso.
La deviazione per Tolouet.
La maggior parte delle escursioni che portano i turisti verso Merzouga non passano per queste valli, ma rimangono sulla più scorrevole strada principale. La deviazione viene fatta solo per la visita di Ait Ben Haddou, per tornare indietro. Questo accade sempre per i tour di tre giorni o meno. Per quelli di quattro giorni la deviazione non è di solito prevista, ma può essere facilmente inserita. Basta accordarsi con la guida ed eventualmente pagare un piccolo supplemento.
Credetemi, ne vale assolutamente la pena. La strada si ricongiunge con la principale più a nord, dove comincia la salita per il valico di Tichka e può essere percorsa sia all’andata che al ritorno, anche se la seconda opzione è di solito meglio inseribile nel programma.
Ourzazate.
Altra tappa d’obbligo lungo il percorso che porta all’escursione nel deserto di Merzouga è Ourzazate, l’unica vera città del percorso. Di per se non ha nulla di particolare. Gli edifici sono tutti a dir poco brutti e non ci sono attrazioni interessanti. Di solito i gruppi si fermano qui o per pernottare, o por il motivo che da il nome alla città. Viene infatti chiamata la Hollywood d’Africa. Il motivo di questo nome non è semplicemente la vicinanza di siti dei dintorni utilizzati come location, ma è anche la presenza degli studios cinematografici qui presenti.
Gli Atlas Studios.

Visitati di solito nei tour di quattro giorni, mostrano gli allestimenti di numerosissimi film famosi, molti dei quali sopra elencati. Monumentali scene da antico Egitto sono adiacenti a piazzette tipiche del Medio Oriente. Location da Indiana Jones si alternano ad ambienti tipici dell’estremo oriente. Non mancano scenografie più recenti utilizzate in film tipo “Il gioiello del Nilo“, o “007“.
Kasbah di Taourit.
A Ourzazate merita di essere visitata anche la kasbah di Taourit. Eretta anche questa dalla famiglia berbera dei Gloui, fu sede di un pascià locale fino al 1930. L’edificio è quindi più recente delle antiche ksar, ma questo lo rende anche il meglio conservato. Si possono quindi meglio comprendere i rivestimenti in paglia e fango e le coperture in canne e fango, come è tipico in Marocco.

Tanto per cambiare, anche qui sono state girate scene di film quali Il Gladiatore, Il tè nel deserto e Prince of Persia, nonché il meno prestigioso reality italiano “La Fattoria“.
L’edifico è enorme e ospitava mogli e concubine del pascià, servi, artigiani, guardie e, pare, anche usurai ebrei. Non mancano i locali di servizio e quelli di detenzione.
Dopo un periodo di declino e incuria, passò sotto il controllo statale, fu recuperato ed è oggi un museo molto visitato.
La Valle delle Rose.
Anche se viene chiamata così, questa è solo una delle valli dove si coltivano questi fiori. Per vedere le fioriture si deve venire da queste parti in primavera, mentre in tutte le stagioni si possono acquistare i prodotti derivati da queste piante. I più apprezzati sono i profumi, ma c’è molto altro. Abitualmente i tour si fermano in una azienda produttrice, per mostrare come avviene il processo e poter acquistare qualche prodotto.Il rapporto fra il quantitativo di petali utilizzati e quello del prodotto finito è enorme.
La valle di Dades e le Gole del Todra.
Arrivati al paese di Boumalne Dadès, inizia un tratto interessante della valle di Dades. Vicino al paese di Tamellalt si può ammirare la falesia nota come “Dita di scimmia“. In effetti le rocce hanno assunto delle forme che ricordano molto i polpastrelli di un primate. Per apprezzarle e fotografarle nel migliore di modi occorerebbe passarvi davanti nelle ore giuste, per avere i migliori contrasti di luci. Io ci sono capitato nel momento meno adatto e sono stato costretto a fotografarle in controluce.
Proseguendo ancora qualche chilometro si arriva a una serie di tornanti sempre più stretti e ripidi, chiamati da qualcuno “la strada più pericolosa del Marocco“. Le definizione serve solo a enfatizzare l’importanza del luogo, ma una fermata per le foto di rito è d’obbligo.

Le gole di Todra.
Espletato il rito delle foto dei famosi tornanti, si torna indietro fino a Boumalne Dadès e si riprende la via verso est. Non molti chilometri ancora e si arriva al paese di Tinghir. Il paese, nemmeno tanto piccolo, è molto fotogenico. Palmeti, vecchi nuclei abitati con le architetture tipiche della zona e una splendida cornice di montagne erose dal tempo, che si è divertito a conferirgli le forme più diverse.
I punti per foto panoramiche non mancano. Nuovamente si imbocca la strada che si inoltra fra le montagne poste più a nord. I rilievi si fanno più marcati e si comincia a sentire sempre di più la vicinanza delle pareti rocciose che fiancheggiano la strada. Una dozzina di chilometri e si arriva alle Gole del Todra. Qui la fermata è d’obbligo. I turisti vengono fatti scendere dai mezzi e subito si sparpagliano alla ricerca delle inquadrature migliori.

Il posto è molto conosciuto e si vede. Gente ovunque, anche entro il letto del torrente, che finalmente ha un flusso regolare di acqua, anche se sempre modesto. Foto di rito, bancarelle, quattro passi per sgranchirsi le gambe e si riparte. La strada proseguirebbe verso nord, ma l’obbiettivo del deserto non è da quella parte. Si torna indietro fino al paese e poi nuovamente verso est.
Le pareti verticali hanno attirato anche gli appassionati di scalate su roccia. Alzando gli occhi se ne vedono diversi, anche molto in alto. La diffic oltà nell’individuarli conferma la notevole altezza delle pareti delle gole.
Sulla via per Merzouga.
Servono ancora un paio di ore di auto per arrivare a Merzouga. Il paesaggio è sempre più desertico. I centri abitati sono sempre meno e sempre più piccoli. Distese sterminate di deserto cominciano a circondare il viaggiatore, delimitate all’orizzonte dai profili dei rilievi, anch’essi poveri di vegetazione.
Vale forse la pena di spendere due parole sul concetto di “deserto”. Nell’immaginario collettivo questo è rappresentato dalle clasiche dune sabbiose, in stile Sahara o Namib. In effetti ci sono vari tipi di deserto. Oltre a quelli citati, ci sono ambienti come il Kalahari, fra Namibia e Botwana, luoghi per me pieni di ricordi fra i più belli. Questi deserti sono territori ardi, ma con un residuo di vegetazione. Vi sono piogge occasionali che garantiscono la sopravvivenza alle poche piante presenti.
L’acquedotto berbero.
Durante il percorso è molto interessante una fermata ai pozzi dell’acquedotto berbero. Il nome non è proprio adatto ad indicare di cosa si tratta, ma lo scopo è comunque il trasporto dell’acqua. Passando sulla strada si vedono solo degli strani cumuli di terra, prova di pozzi scavati, ma sono tanti e in lunghissima successione.
Ci si può fermare e si capisce rapidamente come funziona il tutto. In pratica, sono partiti dalle sorgenti a monte. Per far defluire l’acqua verso valle viene scavato un pozzo fino al livello dove si trova il liquido. Da qui si scava un tunnel verso valle. Per rendere comoda l’asportazione del terreno di risulta, si scava un secondo pozzo e dal suo fondo si scava un secondo tunnel in direzione del primo, finché i due non si incontrano. Poi si procede dall’altra parte allo stesso modo. Ecco spiegata la lunghissima serie di pozzi che si vedono a bordo strada.

Fermandosi si può visitare un pozzo. L’esperienza è molto interessante, ma è bene fare attenzione all’abilità dei berberi nel fare affari. Vi offriranno il solito tè e poi ovviamente cercheranno di vendervelo. Andarsene con qualche decina di euro in meno a testa è piuttosto facile. Inutile dire che la guida sa bene dove fermarsi per favorire il tutto.
I fossili di Erfoud.
Erfoud viene talvolta trascurato durante il percorso dei tour che hanno come meta principale l’escursione nel deserto di Merzouga. Lo ritengo un errore perché una fermata nella cittadina dei fossili è molto interessante e ruba poco tempo. Se non è prevista dal vostro programma chiedete alla vostra guida di inserirla.
Come ho scritto nella mia guida per viaggiare in Marocco, questo paese ha una storia geologica molto vecchia. L’attuale suolo si è formato quando costituiva dei fondali oceanici. Centinaia di milioni di anni di depositi hanno creato le rocce che oggi ammiriamo e naturalmente le hanno riempite di conchiglie di animali che sono poi diventati degli splendidi fossili. In alcuni punti questi sono più concentrati che in altri luoghi.
Erfoud è uno di questi. Nei suoi dintorni ci sono molti punti dove basta scavare e salta fuori di tutto. Conchiglie di animali estinti da milioni di anni, di tutte le forme dimensioni, costellano le rocce. Gli artigiani di questa cittadina sono specializzati nel valorizzarli e ridargli vita. Si creano così piani di lavoro di cucine, mensole dei bagni, tavoli, o semplicemente elementi decotativi.

La visita di un laboratorio dove si fanno queste attività è sicuramente da consigliare. Vedrete le loro realizzazioni, vi illustreranno le tecniche di lavorazione e ovviamente potrete acquistare quello che vi piace. L’ammonite che vedete nella foto, sembrava solo un sasso come tanti altri, prima che l’occhio esperto ne individuasse il contenuto. Ma una volta tagliata a metà sotto i nostri occhi ha mostrato il contenuto. Quando ho chiesto di acquistarla si sono messi a ridere. Piccola e parzialmente lesionata, per loro non aveva valore. L’ho avuta per venti dirham (2 euro).
Erfoud è famosa anche per il festival dei datteri e infatti tutto intorno vi sono ampie superfici a palmeto. Altro motivo di fama è il suo famoso marmo nero, molto apprezzato in Marocco e non solo.
L’escursione nel deserto di Merzouga.
Finalmente siamo al pezzo forte del tour: l’escursione nel deserto di Merzouga. Per la verità il nome deriva dalla città più vicina, ma non è quello del punto interessato dall’escursione. Questo si chiama Erg Chebbi. Per individuarlo basta digitare questo nome su Google Earth e subito appare la chiazza colorata dalla forma allungata che lo caratterizza.
In effetti, come detto, l’ampia area desertica che occupa la parte est del Marocco, non è proprio sabbiosa nel senso più classico del termine. Le classiche dune, con il classico colore, si trovano solo più a est, oltre il confine con l’Algeria. La striscia di Erg Chebbi è un’eccezione. I colori sono quelli soliti, le geometrie sono quelle classiche e i tramonti vengono di conseguenza.
Il giro in cammello (in effetti un dromedario) al tramonto.

Arrivati ai margini di Erg Chebbi si lascia il mezzo stradale e si sale sui dromedari che ci aspettano. Chi non è abituato avrà la sensazione di trovarsi molto in alto. La postazione non è nemmeno delle più comode, ma ci si abitua rapidamente. Anche i movimenti dell’animale sono tutt’altro che fluidi, ma anche per questi bastano pochi minuti e si riesce a stare in sella senza tenersi con le mani. Il resto è solo divertimento.
Si avanza fra sabbie sempre più rosse e poche e rade piante in grado di sopravvirere in questo ambiente arido. Le più diffuse hanno dei bei frutti, ma la guida ci dice che hanno un latte tossico per gli animali. Nelle discese ripide si ha la sensazione che l’animale si ribalti, ma la sua “trazione integrale” gli consente di uscire indenne da ogni situazione.
Rapidamente il sole scende sotto l’orizzonte, purtroppo alle nostre spalle, e girarsi è quasi impossibile. In cambio si possono vedere bene i colori delle dune sotto gli ultimi raggi solari. In pochi minuti la luminosità si abbassa e si comicniano a vedere le luci degli accampamenti. L’ultimo tratto è incredibilmente rilassante.
Il campo tendato nel deserto.
La striscia di Erg Chebbi brulica di campi tendati di varie tipologie e diversi livelli di confort. Di giorno quasi non si notano, ma alla sera le luci ne scoprono la presenza. Devo dire che sono stati studiati in maniera da interferire l’un l’altro il meno possibile. Quello che si percepisce soggiornandovi è effettivamente di essere quasi soli. Questo almeno fino a quando non arriva il solito fuoristrada a guastare tutto.

Anche se le geometrie possono cambiare, la logica è sempre quella delle tende raccolte intorno a una striscia comune, dove di solito c’è un punto predisposto per l’intrattenimento serale. Quasi sempre una serie di posti a sedere tipo puff, che contornano un punto dove accendere il fuoco. La sera si sta insieme, all’aperto, mentre i ragazzi della struttura cercano di allegrare l’ambiente con canti e musica improvvisata. La partecipazione degli ospiti è ovviamente gradita.
La tenda centrale, inevitabilmente la più grande, è destinata al pasto serale e alla colazione del mattino successivo. Il cibo è semplice, ma buono. I sapori sono quelli tipici marocchini: tajine, cous cous, verdure e un semplice dessert finale.
In pochi decidono di restare all’aperto fino a tardi. In questi giri si arriva alla fine della giornata sempre un po’ stanchi e nel deserto, alla sera, fa rapidamente un po’ freddino in tutte le stagioni. Poi spesso si decide di alzarsi presto per vedere l’alba sulle dune. Esperienza da non perdere, ma non sempre automatica in alcuni tour. Chiedete sempre alla vostra guida ed eventualmente chiedetegli di inserirla.
Le tende.
Le tende dove si trascorre la notte sono proprio tali, ma sono comunque confortevoli. Però precisato che di solito sono previsti due livelli di confort, uno chiamiamolo normale, o trattamento base, e uno superiore, talvolta detto premium. La scelta è soggettiva, ma in questo caso mi sento assolutamente di consigliare il livello migliore. La differenza di prezzo è poca cosa, mentre quella di trattamento è netta. Bagno privato in tenda, che manca nel livello base e in generale campi tendati più carini e confortevoli. Anche nei pasti si vede la differenza.
Fra l’altro in questi giri di solito ci si muove in gruppi casuali, ovvero è il caso a decidere con chi saremo a stretto contatto per diversi giorni. Se sarete fortunati come è capitato a me, vi troverete comunque bene, ma in caso contrario un minimo di privacy potrebbe farvi piacere.
Ne approfitto per salutare i miei fantastici compagni di escursione. Raramente si ha la fortuna di viaggiare con persone così speciali.

L’alba fra le dune.
Il tramonto è certamente un momento magico, ma un’escursione nel deserto di Merzouga senza assistere all’alba sulla cresta di una duna è comunque un’esperienza menomata. Ci si alza che è ancora buio. I dromedari sono più svegli di noi. Si sale e ci dirigiamo verso il buio, mentre all’orizzonte comincia a comparire un primo chiarore.
Il tratto da percorrere è breve, non serve andare lontani. Si parcheggiano gli animali, che si mettono subito tranquilli nella loro clasica posizione seduta. La guida dispone delle coperte nel punto scelto e si comincia ad aspettare chiacchierando.

I colori dell’alba sono meno intensi di quelli del tramonto. Il cielo del mattino è più pulito, senza la foschia del pomeriggio, e i contrasti risultano più marcati. In pochi minuti la luce, che sorge dietro i rilievi della vicina Algeria, rovescia tutta la sua potenza sulla sabbia e la magia sfuma rapimente.
L’atmosfera è comunque quella del deserto. Non solo per le dune, ma anche per i dromedari, per il cielo limpido, per la guida con i costumi locali, per le poche piante tipiche di questi ambienti estremi. Sarebbe ancora meglio se anche i viaggiatori indossassero indumenti in sintonia, ma questo non sempre è possibile. Consiglio tutti di dotarsi almenno della tagelmust.
La tagelmust.
La tangelmust è la fascia di cotone lunga diversi metri che le popolazioni berbere utilizzano per formare il classico copricapo a forma di turbante. Per essere ancora più precisi si tratta di un indumento dei tuareg, gli “uomini blu” che vivono da nomadi nel deserto del Sahara. Appartengono alle popolazioni berbere, ma si distinguono da queste per la loro indole nomade. I tuareg vengono anche chiamati “Kel Tagelmust”, ovvero il popolo con il velo.

Costruire il copricapo è tutt’altro che facile per chi non lo ha mai fatto, ma è un attimo per i berberi. Se è fatto bene consente di utilizzarlo sia come semplice copricapo, per proteggersi dal sole cocente del deserto, sia per coprire il volto e il collo, soprattutto quando c’è vento e la sabbia riesce ad infiltrarsi ovunque.
Una cosa che pochi sanno è che questo tipico copricapo è riservato ai maschi. Le vere donne tuareg non lo indossano e tengono il viso scoperto. Questa situazione invertita (maschi con volto coperto e donne no) rispetto alle tradizioni islamiche è ovviamente stata condizionata da questa religione, portando le donne all’utilizzo del velo.
Pare che il colore più o meno scuro del tagelmust rispecchi la ricchezza del possessore. Non so se è vero e se il bel colore blu che ho indossato significhi qualcosa. Spero non dia fastidio a qualcuno. Fra l’altro ai turisti non li vendono con le dimensioni normali (da 3 a 5 metri e anche di più), ma sono al massimo 2 metri. Il mio aveva stampati alcuni caratteri dell’afabeto berbero e questo me lo fa piacere ancora di più.
In fuoristrada fra le dune.
Ho scritto sopra che la presenza dei fuoristrada in mezzo al campo è di disturbo. In generale è così. Venire in questi luoghi significa anche cercare pace e contatto con la natura e un mezzo motorizzato che scorrazza nei dintorni con la musica ad alto volume non è in sintonia con questo.
Tuttavia, prevedere un rientro con una 4×4 e divertirsi un po’ a serpeggiare sulle dune, il tutto in pieno giorno e lontani dai campi, non mi sembra niente di negativo. In ogni caso il nostro driver sembrava divertirsi più di noi e ci ha fatto ballare un bel po’.
Conclusioni.
Se non lo avete ancora capito, questo viaggio mi ha conquistato più di quanto pensassi. Non mi sento di paragonarlo alla mia mitica Namibia ma, nella sua semplicità e anche vicinanza all’Italia, è uno dei viaggi che mi è piaciuto di più. Poi il Marocco non è solo questo, ma molto altro, la vita pazzesca della medina di Marrakech, le cascate Ouzoud e poi le città del nord, Fes, Chefchaouen e altre.
La visita del paese si può fare anche in autonomia, ma per escursioni come questa direi che è più che opportuno affidarsi a specialisti. Vi indico alcune proposte.
- Escursione di 4 giorni nel deserto di Merzouga, che ritengo abbia la durata ideale,
- Escursione di 3 giorni nel deserto di Merzouga, che comprende le cose più importanti della precedenti, fra le quali il medesimo giro in cammello,
- Escursione di 3 giorni nel deserto di Merzouga fino a Fès, come variante della precedente,
- Monti dell’Atlante e Sahara: tour privato di 4 giorni, se preferite un tour privato,
- Merzouga: tour di 3 giorni nel Sahara da Marrakech, a un prezzo incredibile, leggete bene le condizioni.
Consigli e precisazioni per la scelta dei tour.
Aggiungo questo paragrafo in risposta a chi ha chiesto chiarimenti riguardo ai tour di Civitatis e GetYourGuide. Chiedo ancora di non utilizzare la pagina “Contatti” del menù del Blog per la richiesta di informazioni riferite a un articolo. Utilizzando lo spazio previsto in coda a questo, i relativi commenti rimarranno visibili per tutti, con maggiore utilità degli stessi. Ricordo che non saranno pubblicate le email o i cognomi di chi scrive. Su richiesta nemmeno il nome.
Venendo ai tour, come ho già scritto altrove, ci sono paesi dove il completo fai da te non è possibile, oppure semplicemente non conviene o non ha senso. Credo che escursioni come quella descritta rientrino fra queste.
Scegliendo una o più di queste escursioni si può personalizzare il viaggio come si vuole, facendolo diventare un quasi fai da te. L’utilizzo delle piattaforme indicate, al posto della prenotazione diretta presso gli operatori locali, comporta inoltre diversi vantaggi.
Il primo è il controllo dell’affidabilità degli operatori da parte delle piattaforme di prenotazione. Con questa prima selezione vengono esclusi quelli improvvisati. Il secondo è l’imposizione di alcune regole di base. Se sorgono problemi avrete un interlocutore a cui rivolgervi. Poi c’è il meccanismo delle recensioni che alla lunga farà la selezione. Nel caso di Civitatis, che ormai conosco da molti anni, devo dire che sono anche bravi a trovare molte escursioni con guide in italiano.
Il tour di Civitatis.
Riguardo all’escursione nel deserto di Merzouga, sopra descritto, io ho fatto il tour di quattro giorni di Civitatis. Per chi me lo ha chiesto, preciso che il programma è stato rispetttato in pieno e vi sono numerosi momenti di “libertà”, nei quali ognuno può fare quello che preferisce. Ovviamente, essendo un programma itinerante, certe tempistiche vanno rispettate.
Se compatibili con il programma e naturalmente se c’è l’accordo dei partecipanti, si possono anche prevedere varianti. Nel nostro caso è stata concordata una variazione di percorso che ci ha consentito di visitare una valle molto bella e fotogenica.
Riguardo al trattamento, contrariamente al caso dell’Egitto, sentiti anche molti pareri, consiglio sicuramente di scegliere l’opzione “Premium“. Credo che il salto di livello del trattamento giustifichi ampiamente il costo. Durante il mio viaggio ho visto qualcuno chiedere di cambiare questo aspetto a tour iniziato. La cosa è stata possibile, ma non è certamente garantita.
Voli.
Riguardo ai voli, ve ne sono diversi a basso costo, soprattutto Ryanair, che ha voli diretti per Marrakech. Anche Easyjet ha ottime offerte, ma sapete che riguardo ai voli non c’è che da cercare.
Ciao, ho letto il tuo fantastico viaggio nel deserto, e nel link che hai messo rimanda alla pagina di civitas, i viaggio lo hai fatto con loro?
Si Alessia l’ho fatto personalmente e recentemente con Civitatis, con i quali viaggio ormai da diversi anni.
Nell’anno appena concluso ho provato anche i loro tour in Egitto (quelli che adesso sono in home page), anch’essi con un eccellente rapporto qualità prezzo.
Se decidi anche tu di fare questa bella esperienza nel deserto del Marocco, non dimenticarti di controllare le varianti fra l’escursione di tre o quella di quattro giorni e i diversi trattamenti.
Come ho già scritto, la differenza fra i tre e i quattro giorni non è grande, anche se con il giro più breve ti perderai qualcosa, mentre l’opzione “Premium” del trattamento è assolutamente da preferire.
Ho sentito diversi altri pareri e vanno tutti in questa direzione.
Io ho fatto l’escursione di quattro giorni con questa opzione.
Se non sei mai stata in Marocco ti potrebbero essere utili le molte informazioni che ho inserito negli altri articoli che ho scritto su questo paese.
Buon viaggio.