
Vi propongo i due borghi abbandonati più caratteristici di questo affascinante territorio.
Cilento, una delle parti d’Italia rimaste più autentiche. Come le zone vicine, fra Basilicata e Calabria, raccolte intorno al Parco del Pollino, è una terra dove si può ancora vedere l’Italia di una volta, al netto degli stravolgimenti della società moderna e dei suoi frequenti antivalori.
Cominciamo.
Ho girato per diversi giorni il Cilento e vi ho trovato più di quello che mi aspettavo. Devo e voglio tornare ancora in questi luoghi, ma mi sento già di azzardare che il terriorio a cavallo fra Campania, Basilicata e Calabria è quello che mi sembra rimasto meglio ancorato ai valori tradizionali di una volta. Luoghi veri, con gente vera e cibo vero.
Comincio proponendovi due dei molti borghi abbandonati d’Italia: Roscigno Vecchio e San Severino Medievale.
Roscigno Vecchio .
Non è un paese dove si capita per caso. Casomai si può per caso scoprirne l’esistenza, ma ci si viene per scelta. Vediamo le origine di uno dei più caratteristici borghi abbandonati del Cilento.

La storia.
Il paese ha antiche origini, pare settecentesche. A lungo abitato da una popolazione contadina, abituata a vivere con quello che la terra poteva dare, dovette prendere atto che il terreno sul quale era stato edificato il paese si muoveva. Un lento, ma inesorabile slittamento faceva scendere l’intero paese verso valle.
Gironzolando fra le vecchie case o mettendosi in mezzo alla piazza, non si ha assolutamente l’impressione che vi siano forti pendenze. La natura e la geotecnica però non seguono queste sensazioni. Il suolo ha le sue leggi e si comprese presto che si poteva fare ben poco, almeno senza l’utilizzo di mezzi imponenti.
Così già all’inizio del secolo scorso, una legge speciale per luoghi come questi, stanziò dei fondi per consentire agli abitanti di Roscigno Vecchio di spostarsi pù in alto. Nacque così quello che è divenuto il paese di Roscigno (nuovo). Ai 1217 abitanti, quanti risulta che fossero, furono assegnati dei lotti di terreno a quota maggiore, ritenuta più stabile.
Un articolo del 1982 riferisce che vi erano rimasti tre abitanti.
Il paese oggi.

La prima impressione quando si arriva nella vecchia piazza è quella di un vecchio borgo ancora in uso. Guardando bene però si notano subito i segni dell’abbandono. Porte e finestre chiuse, mancanza di manutenzione e qualche edificio parzialmente crollato.
I segni più evidenti dell’abbandono si vedono infilandosi nelle viuzze che si arrampicano più in alto. Qui i danni sono più evidenti e l’aspetto da paese fantasma è inequivoco.
Una cosa che colpisce il visitatore è il rapido passaggio dal paese nuovo, dall’aspetto per nulla originale, a quello fantasma. Basta percorrere qualche centinaio di metri e c’è il cambio di scenario.
Per non perdere del tutto la memoria storica, alcuni edifici sono stati restaurati e adibiti a “Museo della civiltà contadina“. Pareti di vetro mostrano oggetti della vita rurale di una volta, a mio avviso con dubbio risultato. Il vero fascino del paese resta nel fatto di essere stato abbandonato così com’era.
… ma un abitante c’è.

Non è un vero e proprio residente, ma sembra proprio che abiti lì, “rigorosamente abusivo“, come dice lui stesso. In effetti dai suoi racconti si comprende che si tratta semplicemente di un senza tetto che il tetto l’ha trovato fra le vecchie case abbandonate.
Probabilmente lo vedrete scendere dalla scala di una casa dai muri storti, magari dopo aver dato da mangiare ai propri gatti. Vi si presenterà con il suo abbigliamento da garibaldino e in genere è contento di scambiare due parole con gli “stranieri”.
Se però vi interessa avere ricche informazioni sul luogo, vi consiglio di portagli qualcosa, perché presentarsi a mani vuote, come dice lui, “non va bene“. Dai suoi discorsi direi che la classica bottiglia di vino sarebbe ottimale.
Come trovare il paese (e come ripartire).
Troverete il paese a queste coordinate: 40° 24′ 07″ N – 15° 20′ 20″ E. Trovarlo non è difficile, impostate “Roscigno” nel vostro navigatore e arriverete al paese nuovo. Quello vecchio è attaccato al primo e ci sono indicazioni. Probabilmente il navigatore potrà anche portarvi direttamente al vecchio borgo.
Per ripartire vi consiglio vivamente di fare tutto al contrario. In effetti c’è una stradina che scende a valle e potrebbe essere scelta dal vostro navigatore, se la vostra destinazione successiva sarà da quella parte. Il problema è che è veramente brutta e piena di buche, con le quali è meglio non scherzare. Io l’ho fatto e me ne sono pentito, anche perché il mio navigatore mi ha portato in zona critica e poi si è perso. Di indicazioni non c’è quasi nulla. In ogni caso scendendo fino al letto del torrente, 300 m più in basso, si ritrova una strada asfaltata che, verso est, conduce in circa 5 km alla SS166, che probabilmente avrete percorso prima di deviare verso Roscigno.
Per informazioni sul borgo, potete leggere qualcosa sul sito della Pro Loco all’indirizzo:
Il Borgo medievale di San Severino Medievale di Centola.
Anche in questo caso abbiamo a che fare con uno dei più affascinanti fra i borghi abbandonati del Cilento. Il centro medievale è molto vicino al nuovo centro abitato e anche qui la franosità del suolo ha avuto il suo ruolo. Tuttavia un importante motivo dell’abbandono è certamente anche la sua posizione sulla cresta della collina, che ne rende assai scomodo l’accesso. Questo aspetto è però anche uno dei motivi per cui la visita risulta per molti versi più interessante del caso precedente.

La storia.
L’origine del paese è assai più indietro nel tempo di Roscigno e va collocata in epoca medievale, intorno all’anno mille. Proprio questo aspetto ne giustifica la collocazione in posizione così impervia. Siamo nel periodo nel quale ogni singolo centro abitato doveva pensare alla propria difesa, mentre le armi erano ancora lance e frecce. Le posizioni di sommità erano le più adatte allo scopo.

Non a caso uno dei primi edifici del borgo fu proprio il castello. La posizione di questo consente un buon controllo del sottostante stretto passaggio sul fiume Mingardo, detto Gola del Diavolo.
Le cause dell’abbandono del borgo, da parte della popolazione, si trovano pertanto semplicemente nella posizione estremamente scomoda in cui si trova, anche se le frane non sono mancate.
Così fra l’ottocento e la prima mettà del novecento il borgo si svuotò, lasciando in uso la sola chiesa di San Nicola, che è stata dismessa definitivamente solo nel 1977.
Il borgo oggi.
Il più lungo periodo di abbandono, rispetto a Roscigno ne comporta l’aspetto più compromesso. Molte case sono in tutto o in buona parte crollate e del castello restano solo pochi ruderi. Gli edifici più interessanti sono la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, anch’essa in posizione dominante, affacciata alla gola del fiume Mingardo.

L’età dell’edificio si vede dalle murature decisamente rozze, dall’abside di forma non circolare e dai numerosi rimaneggiamenti. Da lontano sembra ancora interamente in piedi, ma da vicino si rileva la totale mancanza del tetto e di parte delle mura perimetrali. Il fascino invece c’è ancora tutto e si è portati a immaginare il luogo al tempo del suo regolare utilizzo.
Il Palazzo Baronale era una degli edifici più imponenti del borgo, ma è di epoca successiva alle prime realizzazioni. Fu infatti edificato nel XV° secolo e poi rimaneggiato più volte. Pare che sia rimasto in uso fino alla metà del secolo scorso, mantendo la gerarchia dei tre livelli che lo compongono. Ovviamente il piano nobile era quello più in alto.

Anche questo edificio è in parte crollato e se ne possono ammirare alcuni muri perimetrali, con la porta d’ingresso e relativi fregi.
L’unico edificio integro e che infatti è stato utilizzato fino all’epoca recente è la Chiesa di San Nicola. Le geometrie, con l’abside semicircolare e la campanella ancora in uso, ne testimoniano la più recente realizzazione.

La politica lascia il segno.
Vicino alla chiesetta di San Nicola, affacciata sulla valle sottostante, c’è una croce opera recente di un artista locale. Non entro nel merito del suo valore artistico, anche se ritengo che non abbia alcun nesso con i luoghi. Mi permetto però di evidenziare come i politici abbiano spesso il vizietto di lasciare il loro nome a futura memoria.
Ai piedi della croce c’è infatti una targa che ricorda che l’opera è stata realizzata con denaro pubblico, su iniziativa di un politico, presumo locale. Seguono nome e cognome dello stesso. A mio avviso gli unici nomi che dovrebbero apparire sui monumenti, sono quelli dei cittadini illustri. I politici dovrebbero pubblicizzare la propria attività con denari diversi da quelli pubblici, magari con la bontà del proprio operato.
Come arrivare.
Il borgo medievale si vede anche da lontano sulla cresta della collina che sovrasta l’attuale paese di San Severino di Centola. Guardando le mappe del luogo si ha l’impressione che il borgo sia raggiungibile anche in auto. In effetti un percorso esiste, ma in parte è poco più che una mulattiera. La trovate risalendo la SP 109 oltre il paese nuovo, in corrispondenza di una curva a 90°.
L’accesso vero e proprio, che è anche il più adatto per apprezzare il luogo, è situato in corrispondenza di un tornante della medesima SP 109, subito dopo l’ufficio postale. Lo si nota bene perché c’è un vistoso cartello che lo segnala.

Vicino alla comoda scala che sale verso il borgo medievale, sulla grossa roccia a destra di questa, c’è una cassetta per la raccolta delle offerte, i cui fondi sono destinati all’associazione che si occupa del turismo del borgo. Una delle attività svolte è stata quella di posizionare le targhe con i vecchi nomi delle vie.
A poche decine di metri c’è un piccolo parcheggio che in bassa stagione rende molto comoda la visita. Se non ci fosse posto, purtroppo non ci sono altri parcheggi comodi. Non resta che cercare nelle vie vicine. Volendo si può anche arrivare in treno, perché in basso c’è la stazione di Centola della linea ferroviaria che transita lungo la costa e che si addentra all’interno proprio in questa parted el Cilento.
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